Una commissione della Camera si prepara a pubblicare oggi, 30 dicembre, sei anni di dichiarazioni dei redditi di Donald Trump, svelando documenti finanziari che l’ex presidente Usa ha sempre cercato di mantenere segreti. Il 21 dicembre scorso la commissione parlamentare sul fisco, controllata dai Democratici, ha votato con 24 voti favorevoli e 16 contraria a favore della pubblicazione delle dichiarazioni dal 2015 al 2020, con alcune limature sulle informazioni sensibili, come i numeri di previdenza sociale e le informazioni di contatto. La richiesta di divulgazione è avvenuta mentre la commissione indagava sulla “incapacità” dell’Internal Revenue Service di eseguire verifiche fiscali tempestive. La mossa mette fine ad una battaglia legale durata anni tra i democratici e l’ex presidente che si è sempre battuto per mantenere segreti i suoi redditi, contravvenendo alla trasparenza mostrata dai suoi predecessori in materia, fino a quando la Corte Suprema il mese scorso ha bocciato il suo tentativo di impedire la pubblicazione delle dichiarazioni. La commissione, infatti, ha smontato uno degli argomenti principali usati da Trump per giustificare il suo rifiuto a pubblicare le dichiarazioni durante la campagna elettorale del 2016, cioè il fatto che fosse in corso un accertamento da parte dell’Irs, il fisco americano. Lloyd Doggett, deputato democratico del Texas, ha spiegato che la commissione ha scoperto che l’Irs ha avviato l’accertamento solo nel 2019, praticamente lo stesso giorno in cui la commissione ha chiesto per la prima volta i documenti. Era dai tempi di Richard Nixon che il Congresso non interveniva per chiedere le dichiarazioni dei redditi di un presidente. Nel 1973 però l’Irs consegnò alla commissione di inchiesta le copie delle dichiarazioni dei redditi di Nixon lo stesso giorno in cui arrivò la richiesta della commissione.
Dichiarazione dei redditi di Donald Trump, oggi la pubblicazione. Il peso politico e le probabili conseguenze
I documenti riguardanti la dichiarazione dei redditi di Donald Trump potrebbero far emergere nuovi dettagli sulle finanze dell’ex presidente Usa, avvolte da una certa opacità fin dagli anni della sua scalata nell’immobiliare a Manhattan. Il peso politico della vicenda è accresciuto dal ritorno in scena del tycoon per la corsa alla Casa Bianca, in concorrenza all’astro nascente dei Repubblicani Ron De Santis. Trump si è sempre rifiutato di rendere pubbliche le su dichiarazioni dei redditi, salvo sottolineare la sua ricchezza nei rendiconti finanziari forniti a banche e testate di settore per ottenere mutui o contestualizzare la sua posizione nei ranking dei miliardari. Non è la prima volta che le sue finanze finiscono sotto la lente pubblica. Nel 2018, un’inchiesta del New York Times ha svelato che Trump ha ricevuto l’equivalente di almeno 413 milioni di euro dalla holding del padre. Una quota rilevante delle somma arrivava da quelle che il NYT ha classificato come “evasioni fiscali” negli anni ’90. Le rivelazioni scatenano subito critiche, soprattutto da parte dei repubblicani, contrari alla pubblicazione perché motivata politicamente. “Mi preoccupa l’erosione della segretezza del contribuente”: la decisione di pubblicare le dichiarazioni dei redditi di Trump è un “precedente pericoloso che rischia di minare la fiducia nei legislatori”, ha detto duramente Mike Crapo, il repubblicano più alto in grado nella commissione di sorveglianza. Ma se i conservatori si irritano, a essere furioso è Trump stesso, sconfitto sulle tasse dopo che la commissione sul 6 gennaio ha deciso di deferirlo al Dipartimento di Giustizia per reati gravissimi. Un doppio colpo in meno di dieci giorni che rischia di complicare la sua nuova corsa alla Casa Bianca.