Aumenta la tassa di soggiorno 2023. Un emendamento alla Manovra, approvato dalla commissione di Bilancio, consentirà ai comuni italiani di aumentare la tassa di soggiorno fino ad un importo massimo di 10 euro per i capoluoghi di provincia che rispondono a specifici criteri. Fino ad ora, l’imposta di soggiorno veniva versata alle amministrazioni locali secondo il seguente schema: una quota più bassa (mediamente di 1,50 euro) per b&b, affittacamere e strutture extralberghiere, mentre per gli alberghi di fascia medio-alta la tassa prevedeva un importo massimo di 5 euro. Vediamo le novità che entreranno in vigore dal primo gennaio 2023 e quali sono state le reazioni delle associazioni di categoria.
Aumento tassa di soggiorno 2023, quando, dove e cosa cambia per turisti e albergatori
I comuni faranno riferimento direttamente ai dati pubblicati dall’Istat riguardanti le presenze turistiche medie registrate nel triennio precedente all’anno in cui viene deliberato l’aumento. Per il periodo 2023-2025, quindi, le amministrazioni locali dovranno prendere in considerazione i dati relativi al triennio 2017-2019 (saltando quelli registrati durante il periodo pandemico, quando le restrizioni Covid hanno limitato fortemente i flussi turistici). Nello specifico, i comuni possono raddoppiare la tassa di soggiorno fino a 10 euro se nel corso del triennio di riferimento hanno registrato presenze turistiche per un numero venti volte superiore ai residenti della città. L’emendamento alla manovra proposto dal Pd, approvato alla Camera ed al vaglio del Senato, ha portato alla levata di scudi degli albergatori, Federalberghi, Confindustria Alberghi ed Assoturismo Confesercenti, ed al plauso delle amministrazioni delle grandi città a cui è rivolta la misura. Ne beneficeranno solo 5 Comuni in realtà: il provvedimento infatti, stando ai requisiti richiesti, autorizza l’incremento solo a Rimini, Venezia, Verbania, Firenze e Pisa. Una facoltà dunque, limitata alle città capoluogo, destinata ad impattare sulle sole città con i requisiti previsti, le cinque indicateci da Anci, esclusa Roma Capitale che ha un tributo speciale con un limite massimo doppio rispetto agli altri Comuni italiani. La disposizione richiama il testo vigente del citato articolo 4 del decreto legislativo numero 23 del 2011 che stabilisce la facoltà di istituire l’imposta di soggiorno. per l’entrata in vigore è necessaria una deliberazione del consiglio comunale che stabilisca criteri di gradualità in proporzione al prezzo della struttura alberghiera, attualmente, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive; interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali e relativi servizi pubblici. L’imposta di soggiorno può peraltro sostituire, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale.
La posizione degli albergatori
Il possibile aumento della tassa di soggiorno 2023 non è piaciuto, come detto, a Federalberghi e per il presidente Bernabò Bocca “andrebbe sostituita con in un’imposta di scopo, utilizzando i fondi per riqualificare le strutture alberghiere, invece di destinare il gettito al bilancio dei Comuni finendo in calderone senza senso”. Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria parla di “un provvedimento che in una fase di riavvio del turismo rischia di compromettere il delicato recupero di destinazioni che stavano appena rialzando la testa, di caricare di ulteriori costi i turisti e di burocrazia gli albergatori”. In una nota Confindustria Alberghi conferma che l’aumento della tassa di soggiorno pesa su un equilibrio ancora difficile per il settore, stretto tra aumenti spaventosi dei costi, primo tra tutti quello dell’energia, e la crescita astronomica del costo dei mutui accesi per resistere alla crisi Covid. Secondo il dato più recente sull’imposta che si ricava da Siope, il Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, rielaborato da Banca d’Italia, nell’anno 2020 (fortemente influenzato in negativo dal COVID-19), il numero di enti italiani che ha incassato, in via ordinaria, somme a titolo di imposta di soggiorno è di 1.041, in aumento di 21 unità rispetto all’anno 2019. Di questi comuni, però, solo 15 godono di introiti significativi derivanti dall’imposta. Nel caso di locazioni brevi a fini turistici con intermediazione di portali on-line l’Imposta di soggiorno viene pagata direttamente al gestore del portale, mentre nel caso in cui non vi sia intermediazione, è versata direttamente al locatore. Il gestore della struttura riversa al Comune, alle scadenze previste dal Regolamento, gli importi con le seguenti modalità:c/c postale; c/c Tesoreria;F24, solo se il Comune ha sottoscritto apposita convenzione con l’agenzia delle Entrate; PagoPA.