Alla vigilia dell’insediamento del nuovo governo di Israele guidato da Benjamin Netanyahu, è stato sciolto il rebus degli incarichi, da due mesi al centro di intensi negoziati. Le linee guida presentate, assieme alle nomine indicate, non sono legalmente vincolanti e bisognerà attendere domani per avere le ultime conferme.
Il governo più estremista della storia di Israele
L’esecutivo, il più estremista nello storia dello Stato ebraico, vedrà la luce due mesi dopo le elezioni. Uscito dal voto generale con una maggioranza solida di 64 seggi su 120, Netanyahu ha dovuto faticare non poco per riuscire a raggiungere un accordo con le varie anime del blocco della destra radicale religiosa, soddisfacendo gli appetiti di tutti gli alleati, senza scontentare il suo stesso partito. I negoziati hanno preso quasi due mesi e hanno richiesto nei giorni scorsi l’approvazione di una serie di modifiche legislative per spianare la strada alla nomina di vari leader politici in posizioni apicali.
Chi formerà il nuovo governo di Israele
Non potrà mancare, a sostenere l’esecutivo il Likud: avendo il suo leader Netanyahu preso la cancelleria, è considerato il partito più noto e – probabilmente – moderato che andrà al governo. Sionismo religioso invece, già noto come Tkuma, è uno dei partiti più schierati all’estrema destra, che segue insieme a Otzma Yehudit l’ultranazionalismo. Questi ultimi manifestano maggiori tendenze antiarabe. Infine Noam chiude il cerchio dell’ultradestra, ma con tendenze anti LGBTQ+. United Torah Judaism e Shas infine rappresentano rispettivamente gli ebrei haredim Aschenaziti e gli ultraortodossi sefarditi e mizrahi.
Likud pigliatutto
Tra le posizioni più ambite, quella della Difesa è andata all’ex generale Yoav Gallant, mentre per la guida degli Esteri c’è ancora incertezza: la stampa ha indicato Eli Cohen, ex ministro per l’Intelligence, invece dell’ex ambasciatore negli Usa Ron Dermer, a rotazione con Israel Katz, ma dal Likud hanno fatto sapere che una decisione finale non è stata ancora presa. Sempre pescando tra i deputati del Likud, come speaker del Parlamento è stato indicato Amir Ohana, ex ministro della Giustizia, mentre Avi Dichter, in passato capo dello Shin Bet (i servizi segreti interni israeliani, ndr) durante la Seconda Intifada, andrà a guidare il ministero dell’Agricoltura. Alla Giustizia andrà Yariv Levin, che per pochi giorni ha presieduto la Knesset (il parlamento monocamerale di Israele, ndr) prima di dimettersi per passare a migliore incarico, mentre Yoav Kisch sarà ministro dell’Istruzione e Haim Katz del Turismo.
Gli altri membri del governo
Quanto a Sionismo Religioso, il leader Bezalel Smotrich guiderà le Finanze (per i primi due anni di mandato prima di passare la mano a Aryeh Deri di Shas e assumere il controllo dell’Interno) e avrà un ruolo da ministro anche nella Difesa, con il controllo degli ‘affari civili’ nell’area C della Cisgiordania occupata. Ofir Sofer sarà ministro per Aliyah (l’immigrazione ebraica, ndr) e Integrazione mentre Orit Struck sarà responsabile per il ministero delle Missioni nazionali. Altri deputati del partito di estrema destra ricopriranno incarichi in diverse commissioni alla Knesset, tra cui quella dei Servizi legislativi e religiosi, Esteri e Difesa e Finanze. Il partito estremista Otzma Yehudit vedrà il proprio leader Itamar Ben Gvir diventare ministro per la Sicurezza nazionale, con poteri ampliati sul capo della polizia. Tra le conquiste, anche i ministeri per lo Sviluppo del Negev e della Galilea e quello per l’eredità ebraica. Il leader del partito anti-Lgbt Noam, Avi Maoz, sarà vice ministro nell’ufficio del premier con l’incarico di creare un’Autorità per l’identità ebraica-nazionale con un budget di 150 milioni di shekel (42,7 milioni di dollari). Guardando ai partiti ultraortodossi, lo United Torah Judaism ha conquistato due ministeri: quello dell’Edilizia, che andrà al leader Yitzchak Goldknopf, e quello per gli Affari di Gerusalemme in cui andrà Meir Porush. A questo si aggiungerà la presidenza della Commissione Finanze (Moshe Gafni) e la posizione di vice ministro dei Trasporti, mentre Uri Maklev dovrebbe essere nominato capo dell’Autorità per lo sviluppo economico e sociale del settore Haredi, il cui budget sarà elevato a 500 milioni di shekel all’anno. Quanto allo Shas, avrà sei ministeri, a cominciare da quello dell’Interno e quello della Salute, entrambi per il leader Aryeh Deri (che diventerà ministro delle Finanze nella seconda parte del mandato quadriennale). Deri sarà anchre vice premier per tutti e quattro gli anni. I deputati del partito ultraortodosso sefardita guideranno anche i ministeri dei Servizi religiosi e del Lavoro e Affari sociali.
Gli obiettivi del governo Netanyahu
“Sviluppare l’insediamento in tutta la terra d’Israele, Galilea, Negev, alture del Golan e Giudea e Samaria” (come gli israeliani chiamano la Cisgiordania occupata; ndr), in nome di un “diritto esclusivo e inalienabile del popolo ebraico”. Ma anche “garantire la governance”, promuovendo una riforma giudiziaria che dia la possibilità al Parlamento di ignorare le decisioni della Corte Suprema su norme ritenute incostituzionali. Sono tra i punti centrali delle linee politiche del nuovo governo israeliano, così come sono state presentate alla Knesset dal futuro premier Benjamin Netanyahu. Tra gli obiettivi figura anche il rafforzamento dell’identità ebraica, rispettando al contempo lo status quo religioso, la lotta alla criminalità nella comunità araba, l’incoraggiamento all’uso dei trasporti pubblici, aumenti salariali per i soldati insieme al congelamento dei prezzi di elettricità, acqua e tasse comunali. Non mancano riferimenti alla “lotta contro il programma nucleare iraniano” e al “rafforzamento dello status di Gerusalemme”.