I risultati ottenuti da due studi condotti dall’Irccs Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire) di Roma potrebbero aprire a nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche per la lotta al melanoma metastatico.
Nel primo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Theranostics, i ricercatori hanno illustrato come microRna circolanti (miR-579-3p e miR-4488) potrebbero essere impiegati come biomarcatori per analizzare la risposta dei pazienti alla terapia antitumorale. La seconda ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica “Oncogene”, ha invece valutato come altri due microRna (miR-199-5p e miR-204-5p) possano operare come farmaci se incapsulati in nanoparticelle lipidiche e trasportati nelle cellule tumorali.
Fondazione Airc per la ricerca sul cancro ha sostenuto economicamente questi studi. Entrambe le ricerche sono state coordinate dal direttore scientifico Ire Gennaro Ciliberto e sono state eseguite in collaborazione con il gruppo di ricerca diretto da Rita Mancini, del Dipartimento di Medicina clinica e molecolare della Sapienza Università di Roma, e con quello diretto da Paolo Ascierto presso l’Irccs Fondazione Giovanni Pascale di Napoli.
In una nota che sottolinea l’importanza dei risultati ottenuti, viene evidenziato che il melanoma è la forma più aggressiva di cancro della pelle. Recenti statistiche hanno inoltre mostrato come in Italia ogni anno vengano riscontrati 7.300 nuovi casi tra gli uomini e 6.700 tra le donne, con la preoccupante crescita dell’incidenza raddoppiata negli ultimi dieci anni. Tuttavia, se solo pochi anni fa la forma metastatica era considerata una malattia difficilmente curabile, oggi sono stati fatti importanti passi in avanti nella lotta contro questo tipo di tumore.
Melanoma metastatico studi Ire: le ricerche nel dettaglio
Nello specifico i ricercatori che hanno lavorato al primo studio hanno appurato che il melanoma diventa resistente alle cure quando si libera di determinati microRna e si arricchisce di altre molecole di questo tipo.
Poiché i microRna hanno dimensioni piccole ma stabili, possono essere semplicemente isolate e misurate nel sangue dei pazienti. Proprio questa caratteristica ha indotto i ricercatori a ipotizzare un futuro utilizzo come biomarcatori di biopsia liquida, in maniera semplice ed economica.
Questa analisi infatti sarebbe molto simile alla tecnica usata nei cosiddetti tamponi molecolari per stabilire la presenza di materiale genetico del virus Sars-CoV-2.
Il secondo caso studio invece ha evidenziato che altri due microRna, incapsulati in nanoparticelle lipidiche e trasportati nelle cellule tumorali, potrebbero essere in grado di superare la resistenza a terapie mirate contro la mutazione Braf spesso responsabile dello sviluppo del melanoma. In questo caso potrebbe essere sviluppata una nanotecnologia, basata su vettori lipidici, al pari di quanto utilizzato per produrre i vaccini a Rna nella lotta al Covid-19.
L’importanza dei risultati ottenuti
Attualmente le terapie a contrasto del melanoma sono di due tipologie: l’immunoterapia con gli anticorpi inibitori dei checkpoint immunitari e i trattamenti a bersaglio molecolare con farmaci inibitori delle chinasi.
Nella maggior parte dei casi questo tumore è causato dalla mutazione di una proteina prodotta dal gene Braf. Le terapie moderne riescono efficacemente a colpire le cellule malate, salvaguardando quelle sane.
Tuttavia i trattamenti perdono di efficacia se protratti nel tempo a causa dello sviluppo di resistenza al farmaco da parte dell’organismo e in questo caso il paziente non ha altre opzioni terapeutiche. L’obiettivo di questi studi è infatti cercare una soluzione a questo fondamentale problema clinico.
Il direttore di Ire Gennaro Ciliberto ha appunto evidenziato come, una volta consolidati tali risultati, questi possano aprire la strada allo sviluppo di nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche per il melanoma metastatico, specie in pazienti che sviluppano resistenza ai tradizionali trattamenti.
“I nostri risultati sono preliminari, perché lo studio ha coinvolto solo 70 pazienti. Se saranno ulteriormente validati in una più ampia popolazione di pazienti, potranno offrire nuove opportunità diagnostiche per selezionare più precisamente i pazienti che hanno maggiore probabilità di rispondere alle terapie. Sul versante terapeutico nei prossimi anni cercheremo di rafforzare, anche grazie a ulteriori finanziamenti, i dati finora ottenuti, approfondendo gli studi di laboratorio per avvicinarci sempre di più al trasferimento alla clinica di questo approccio innovativo”.