Il Ministero della Salute ha segnalato il richiamo da parte delle case produttrici in via precauzionale di alcuni lotti di caffè perchè contaminato da una sostanza chimica. In particolare è stata rilevato un potenziale valore di ocratossina sopra i limiti di legge.
I prodotti interessati dal richiamo sono i seguenti:
- Espresso arabica in capsule compatibili a marchio Caffè Trombetta, in confezioni da 10 capsule da 55 grammi, con il numero di lotto 02AD07B e il termine minimo di conservazione al 07/02/2024;
- Espresso arabica in capsule compatibili a marchio Lo Zio d’America, in confezioni da 10 capsule da 55 grammi, con il numero di lotto 01CD07B e il termine minimo di conservazione al 07/02/2024;
- Espresso arabica in capsule compatibili a marchio Lo Zio d’America, in confezioni da 50 capsule da 275 grammi, con il numero di lotto 02CD05B e il termine minimo di conservazione al 05/02/2024.
La comunicazione è arrivata nella giornata di Venerdì 23 Dicembre e subito è scattato l’allarme, chi avesse acquistato i prodotti appartenenti ai lotti indicati dal Ministero infatti dovrà riportarli al più presto al punto vendita.
Il caffè richiamato è stato prodotto dall’azienda Caffè Trombetta Spa nello stabilimento di via Castelli Romani 132, a Pomezia, nella città metropolitana di Roma Capitale.
In precedenza, sempre per la possibile presenza di ocratossina oltre i limiti, i marchi Consilia e Adoro avevano già segnalato il richiamo di alcuni lotti di caffè espresso in cialde e capsule prodotti sempre dall’azienda Caffè Trombetta.
Caffè contaminato da sostanza chimica: che cos’è l’ocratossina
L’ocratossina è una micotossina potenzialmente pericolosa per la salute dell’uomo. Può provocare danni all’intero organismo, essendo capace di legarsi alle siero-albumine del sangue e si può trovare nei cereali, nel caffè, nella frutta secca e nel vino.
La produzione dell’ocratossina dipende sia dall’ambiente che dai processi come le condizioni climatiche, l’eccessiva conservazione, il trasporto, le procedure di cottura, e la fermentazione.
È un composto particolarmente stabile, in grado di resistere alle condizioni più estreme, si può ritrovare nel caffè anche dopo la tostatura ed è in grado di resistere a lungo ai normali processi metabolici.
Solo i ruminanti sono in grado di trasformarla rapidamente in “ocratossina alpha”, un derivato molto meno tossico, privo del gruppo fenilalaninico, grazie all’azione della loro flora batterica. Proprio questo gruppo infatti è responsabile di molti effetti tossici, poiché consente alla tossina di sostituirsi all’amminoacido in molti processi metabolici e di biosintesi.
L’ocratossina ha un’attività essenzialmente nefrotossica ovvero quella di attaccare i reni. Le intossicazioni principali causate da questa tossina si trovano negli allevamenti zootecnici con sintomi come la nefropatia dei suini, segnalata nei Paesi del nord-Europa e nei Balcani e la nefropatia aviaria, diffusa invece nell’America del Nord, entrambe associate al consumo di cereali contaminati da ocratossina.
Limiti rigidi all’esposizione di ocratossina
In dosi diverse questa sostanza può risultare anche immunotossica, cancerogena e genotossica e ad alte concentrazioni può causare comparsa di epatiti, enteriti e necrosi del tessuto linfatico. L’ocratossina inibisce anche la sintesi proteica, soprattutto nelle cellule renali, con effetti immunosoppressivi.
L’ocratossina è un accertato cancerogeno per gli animali, ma non esistono dati sufficienti per dimostrarne la cancerogenicità per l’uomo.
Inoltre, si accumula nei tessuti, rendendo tossiche e carcinogene anche le carni di animali che si siano nutriti di cibi contaminati. Alcuni studi indicano che viene assorbita principalmente nello stomaco, e poi nella sezione del digiuno, il tratto di intestino tra ileo e tenue.
Data la sua pericolosità in molti paesi e nell’Unione europea esistono limiti rigidi al contenuto in ocratossina in cibi e mangimi, mentre la sostanza non è regolamentata negli USA.
Il Comitato Scientifico per l’Alimentazione (SCF) ha delineato che la esposizione giornaliera alla ocratossina deve essere mantenuta a valori inferiori a 5 ng/kg di peso corporeo.