Il wallet digitale europeo è figlio del nuovo regolamento che modifica quello noto come eIDAS (n. 910/2014). Negli ultimi giorni si fa un gran parlare di SPID e di CIE (Carta d’Identità Elettronica), dopo la proposta del Ministro Butti di dismettere il Sistema Pubblico di Identità Digitale e le conseguenti rimostranze del Ministro Zangrillo, proprio quest’ultimo ha ricordato la possibile futura realizzazione di un wallet digitale europeo. Vediamo nello specifico di cosa si tratta.
Wallet digitale europeo: cos’è e come potrebbe funzionare una volta realizzato
L’argomento in realtà non è nuovo, in Europa se ne parla già da un po’, con posizioni contrastanti su vari aspetti riguardanti in primis la sua realizzazione; il wallet digitale europeo altro non è se non un sistema comune di identità digitale, il cui lancio anche in Italia è attualmente stimato per il 2024. L’obbiettivo della Commissione Europea è quello di fornire ad ogni cittadino comunitario uno strumento nel quale poter archiviare in sicurezza informazioni e documenti personali (ad esempio documenti d’identità, patenti, tessere sanitarie, titoli di studio, dati medici ecc) al fine di snellire l’iterazione con i servizi di uffici pubblici e imprese, in modo che all’occorrenza qualsiasi informazione o documento necessario possa essere facilmente condiviso in maniera rapida e digitale, salvaguardando la privacy degli utenti, che potranno decidere quali informazioni condividere e con chi. Inoltre è in progetto una sperimentazione, inizialmente riservata a Danimarca, Lettonia, Islanda, Germania e Norvegia, grazie alla quale in futuro il wallet digitale europeo potrebbe essere utilizzato anche per i pagamenti, sfruttando “l’infrastruttura di pagamento esistente per consentire l’emissione di pagamenti, pagamenti istantanei, trasferimenti da conto a conto e accettazione di pagamenti sia in negozio che online”. Per fare ciò ovviamente, verranno attivate anche partnership con diverse realtà del settore bancario quali DSGV in Germania, DNB e BankID in Norvegia, Nets in Danimarca, Intesa Sanpaolo, PagoPA e ABILab in Italia e Greiðsluveitan in Islanda. Considerando la stima di lancio del servizio nel 2024, c’è ancora molto lavoro da fare. Attualmente, infatti, tutto è semplicemente in fase di discussione e restano ancora da affrontare alcuni tra gli ostacoli più rilevanti: gli standard e le specifiche tecniche dell’app (perché di questo in sostanza si tratterà, di un’applicazione) sono ancora tutti da definire, andranno individuate le aziende con le quali realizzare i portafogli digitali e servirà una revisione del regolamento Eidas per l’identificazione elettronica dei cittadini. Insomma le premesse per realizzare qualcosa di buono, in teoria, in grado di snellire la burocrazia e facilitare la vita dei cittadini ci sono, tutto poi dipenderà da come effettivamente verrà realizzato ed implementato il wallet digitale europeo e da come eventualmente si integrerà con i sistemi che attualmente utilizziamo, ma per questo ci vorrà ancora del tempo.
La posizione dell’Italia
Attualmente Spid è compatibile con il progetto, perché è richiesto un livello di garanzia differente: il “wallet” in termini di “level of assurance” sarebbe parificato a un documento come la carta d’identità, quindi il gradino più alto in termini di sicurezza dei tre considerati per questo genere di strumenti (per via del rilascio in presenza e di un chip crittografico sulla carta). Lo Spid è considerato un livello più in basso, perciò il sistema di identità digitale attualmente promosso e utilizzato potrebbe essere rimpiazzato. Per questo motivo l’Italia non si è finora schierata con il Consiglio Ue, perché si rischierebbe di buttare a mare tutti gli sforzi fatti con lo Spid, dicono da Infocert, autorità che ha erogato recentemente questo tipo di servizio. Oltre 33 milioni di identità Spid non potranno confluire automaticamente nel wallet europeo. Tenuto conto delle divergenze di opinioni tra i vari stati che formano l’Unione, è probabile però che prima del debutto del nuovo strumento passeranno ancora diversi anni, nei quali lo Spid sarà comunque uno strumento valido per semplificare molti processi della Pubblica Amministrazione, anche se solo in Italia.