A Parigi la protesta dei curdi non diminuisce e sale la tensione con la polizia francese, soprattutto nei pressi di Place de la République, luogo in cui si sono dati appuntamento i manifestanti. Nella celebre piazza della capitale erano presenti nel pomeriggio odierno un centinaio di manifestanti che intonavano slogan e sventolavano le bandiere in supporto della nazione curda e del Pkk (acronimo del Partito dei lavoratori del Kurdistan, un’organizzazione politica e paramilitare che al momento è considerata come terroristica da parte della Turchia).

Ci sono stati attimi di tensione quando, a margine della manifestazione, si è verificato uno scontro con le forze di polizia lì presenti. Sembrano essere state almeno quattro le auto ribaltate ed una è stata date alle fiamme. In una via poco distante, Boulevard du Temple, sono invece stati incendiati alcuni bidoni della spazzatura e alcuni oggetti sono stati lanciati in direzione delle forze dell’ordine: azioni a cui gli agenti hanno risposto con l’uso di lacrimogeni.

Parigi, la protesta dei curdi continua: “Sono omicidi politici”

A prendere la parola è il portavoce del Consiglio democratico curdo in Francia (Cdkf), Agit Polat, che non ha risparmiato velate critiche all’azione delle autorità:

“Non abbiamo dubbi che siano degli omicidi politici (tra le vittime risulta esserci anche una delle leader del movimento delle donne curde in Francia, Emine Akara, ndr). Il fatto che le nostre associazioni siano prese di mira rivela un carattere terroristico e politico.”

Principalmente si accusano le forze di polizia di non aver realizzato un piano per la sicurezza del circolo culturale che è stato preso di mira nella giornata di ieri, l’Ahmet-Kaya. La comunità curda è rimasta sconvolta dall’attentato di ieri, che ha causato la morte di 3 curdi e altrettanti feriti, arrivato proprio a ridosso del decimo anniversario di un altro attacco contro la comunità curda (3 militanti del Pkk uccise a Parigi nel 2013).

Poco dopo gli spari è stato arrestato un uomo di nazionalità francese di 69 anni che avrebbe dichiarato di aver agito per motivi legati al razzismo. Quest’ultimo si aggiunge agli altri capi di imputazione di cui è accusato l’uomo: omicidio, tentato omicidio, violenza con arma e violazioni della legislazione sulle armi.

Oltre alle accuse di mancata protezione verso la Francia, la piazza sembra però aver identificato un colpevole che va oltre il presunto attentatore: alle sue spalle, secondo i manifestanti, potrebbe esserci la Turchia. Le ragioni che lasciano ipotizzare questo si ritrovano guardando all’identità delle persone rimaste coinvolte nell’aggressione: tra queste, infatti, c’è Emine Kara, che per oltre trent’anni aveva combattuto nelle regioni del Kurdistan, ma anche in Turchia, Iraq, Siria e Iran. In particolare, aveva partecipato alla riconquista di Rakka da parte dei curdi contro l’Isis.