Saranno in tanti ad esserselo chiesti almeno una volta: se il 25 dicembre si celebra la nascita di Gesù, perché il 26 dicembre è festa? Anche in questo caso si tratta di una celebrazione di origine religiosa, essendo legata alla figura di Santo Stefano – il primo martire o protomartire che subì la stessa sorte di Cristo -, istituita però per motivi di praticità, cioè per allungare le festività natalizie.
Perché il 26 dicembre è festa? La storia di Santo Stefano
“Le cose belle durano da Natale a Santo Stefano”, recita un famoso detto popolare, che sottolinea la vicinanza tra la festa della nascita di Cristo e quella di Santo Stefano, che nel calendario cristiano segue simbolicamente la prima, il 26 dicembre (il 27 per la Chiesa ortodossa). La Chiesa ha infatti deciso di far seguire alla festa per la venuta del Cristo, quella dei cosiddetti suoi “compagni”, cioè coloro che lo hanno seguito da vicino, sia nella vita che nella morte: dopo il 25 dicembre, seguono Santo Stefano (il 26), San Giovanni Evangelista (il 27) e i Santi Innocenti (il 28), in ricordo dei bambini vittime della strage ordinata da Erode nel tentativo di uccidere il Nazareno.
È Santo Stefano, in particolare, ad essere vicino a Gesù, essendo stato il primo in assoluto a subire la sua stessa sorte e in modo molto simile. Ricordato come “protomartire” (dal greco “protos”), fu il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede e per diffondere il Vangelo: per le sue attività di predicazione fu accusato dalle autorità di Gerusalemme di essere un pericolo pubblico e di sovvertire le leggi di Mosè. Trascinato davanti al Sinedrio, il supremo consiglio della Palestina, e invitato a discolparsi, pronunciò un discorso incendiario, accusando i giudici di essere insensibili e duri di cuore. Fu così prelevato con la forza e lapidato in pubblica piazza.
Viene ricordato dalla Chiesa cattolica per essere stato in grado di perdonare i suoi aguzzini, porgendo loro l’altra guancia e ricordando quindi il martirio di Cristo. È chiaro, dunque, che si tratti di una festività di origine religiosa, ma quando lo Stato italiano decise di rendere il giorno dedicato a Santo Stefano, il 26 dicembre, un festivo, lo fece principalmente per motivi di praticità, cioè per prolungare le festività, approffittando della sua vicinanza con il Natale, come accade anche nel caso del Lunedì dell’Angelo, più noto come “Pasquetta”, festa non religiosa, che allunga la Pasqua di un giorno.
Le tradizioni del 26 dicembre nel mondo
Il giorno di Santo Stefano è festa nazionale non solo in Italia, ma anche nella Città del Vaticano, in Austria, Croazia, Danimarca, Germania, Irlanda, Italia, Romania, a San Marino e nella Svizzera italiana e, in ogni luogo, ha delle tradizioni popolari particolari. Una delle più note nel nostro Paese è quella della Festa delle propaggini, festeggiata a Putignano, in Puglia, che dà inizio al “Carnevale più lungo del mondo”: nel corso delle celebrazioni, nella piazza centrale del paesino coinvolto, viene allestito un palco dove si esibiscono diversi artisti di strada. Si tratta di una festa le cui origini risalgono al lontano 1394, anno in cui, secondo i racconti, le reliquie di Santo Stefano conservate nell’Abbazia di Monopoli vennero portate a Putignano, dove ancora oggi sono conservate, nella chiesa di Santa Maria La Greca.
Un’altra tradizione curiosa è quella dell’Irlanda, dove il giorno di Santo Stefano viene ricordato come “festa dello scricciolo”: secondo una delle versioni della leggenda, Santo Stefano sarebbe infatti stato catturato a causa del canto di uno scricciolo. Nel cosiddetto “wren day” gli irlandesi, in tempi antichi, mettevano quindi in scena una sorta di “vendetta” nei suoi confronti, andando a caccia e poi sfilando con le prede in bella mostra. Oggi si tratta di un momento di gioia: le persone vanno di casa in casa cantando canzoni, ballando e portando con loro le immagini di uno scricciolo.