Luca Ventre era entrato nell’ambasciata italiana in Uruguay scavalcando un cancello. E a quel punto era stato fermato da un uomo della sicurezza che lo aveva messo a pancia in giù, impedendogli di respirare fino a provocargli un arresto cardiaco. È stato così strangolato, il 35enne italiano morto il 1° gennaio 2021 a Montevideo. La ricostruzione per la Procura di Roma è molto chiara, ma i magistrati hanno chiesto l’inammissibilità dell’inchiesta avviata in Italia, in quanto l‘indagato non è mai stato presente sul territorio italiano. Il caso Luca Ventre è stato quindi archiviato.

Caso Luce Ventre, la ricostruzione 

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti italiani, che hanno disposto sulla salma del trentenne, Ventre morì dopo essere stato trasportato in ospedale. Un decesso causato, secondo l’esame autoptico, per una “asfissia meccanica violenta ed esterna per una prolungata costrizione del collo che provocò l’ipossia celebrale dalla quale derivarono il grave stato di agitazione psicomotoria e l’arresto cardiaco irreversibile”.

Le autorità uruguayane, però, il 15 novembre scorso hanno ritenuto di confermare che il decesso sia legato esclusivamente allo stato di “eccitazione piscomotoria associata al consumo di cocaina” con ripercussioni cardiache “avvenute in un contesto di misure di contenzione fisica” escludendo, quindi, le responsabilità del vigilantes.

Una telecamera riprendere tutto

In base ad alcuni video che hanno immortalato le fasi della “irruzione” in ambasciata, Ventre era vivo quando è stato trasportato nel Pronto Soccorso. Le verifiche che la procura di Roma ha affidato ai carabinieri del Ros hanno però consentito di ricostruire la dinamica dei fatti raccogliendo “elementi più che sufficienti a sostenere la responsabilità processuale dell’indagato” ma i limiti procedimentali per la morte di italiani all’estero rendono impossibile richiedere un processo.

Perché il reato sia perseguibile, infatti, devono sussistere due condizioni: la richiesta di “punizione” da parte dei familiari di Ventre o del ministero della Giustizia e la presenza dell’autore del reato sul territorio italiano. La famiglia ha sporto denuncia su quanto accaduto e via Arenula, da parte sua, la richiesta di procedere. Manca la seconda ipotesi in quanto il vigilante è “assente” in Italia e quindi non perseguibile.