Eva Kaili, coinvolta nel Qatargate, non passerà il Natale in famiglia. L’ex vice presidente del Parlamento europeo resterà in carcere con l’accusa di corruzione, riciclaggio e associazione a delinquere. La politica greca rischia di rimanere in prigione almeno per un altro mese. A deciderli, i giudici della Camera di Consiglio del tribunale di Bruxelles, che oggi si sono pronunciati sulla richiesta di scarcerazione. Nella mattinata, la Kaili è stata portata al Palazzo di Giustizia, nel cuore del lussuoso quartiere di Louise, dalla prigione di Haren, dov’è detenuta dal 9 dicembre. A difenderla i due avvocati greci, André Risopoulos e Michalis Dimitrakopoulos, che hanno chiesto “che la signora Kaili possa essere sottoposta al regime della sorveglianza tramite braccialetto elettronico.

Il tribunale respinge la scarcerazione di Eva Kaili

“Con ordinanza emessa questa mattina, la Camera di Consiglio ha prorogato di un mese la carcerazione preventiva di E.K.“. “Se, entro 24 ore, viene proposto ricorso contro tale decisione, l’interessato comparirà entro quindici giorni dinanzi alla camera d’accusa presso la Corte d’appello di Bruxelles”. “Nell’interesse delle indagini, al momento non verranno fornite ulteriori informazioni”.

A quanto pare la “collaborazione attiva” alle indagini da parte di Kaili non è stata ritenuta sufficiente dalla procura per concedere alla donna i domiciliari e la possibilità di passare il Natale con la figlia di 2 anni. Scuotono la testa gli avvocati, secondo cui Eva Kaili “collabora all’inchiesta in maniera attiva e contesta qualunque accusa di corruzione a suo carico“. “Vi dico – prosegue l’avvocato Dimitrakopoulos- che la signora Eva Kaili è innocente e non è mai stata corrotta, mai”, parlando della sua assistita che “si sente tradita dal compagno“, Francesco Giorgi, nonché suo assistente al Parlamento europeo e figura centrale nell’inchiesta, assieme all’ex eurodeputato Antonio Panzeri.

In alto da sx: Eva Kaili, e Francesco Giorgi. In basso da sx: Niccolò Figà-Talamanca, e Pier Antonio Panzeri. ANSA

Il Qatargate e la fuga di notizie

I legali non vogliono per ora dire altro. E lamentano che finora è stato detto troppo. “Sapete tutti che ho deciso di non comunicare su questo dossier, perché l’inchiesta deve essere fatta dalle autorità giudiziarie e non si fa altrove. Da parte mia non farò nessun’altra dichiarazione”, ha spiegato Risopoulos. Anche perché “sarebbe pregiudizievole sia per la difesa della signora Kaili, sia per l’accertamento della verità in un dossier di questa natura”, ha aggiunto. Anche perché già tante notizie sono trapelate durante le indagini; una fuga di notizie che gli avvocati della ex vicepresidente dell’Eurocamera hanno definito una “frontale violazione del segreto istruttorio” e di una “portata senza precedenti”. “Non sono l’unico a pensarlo: la procura federale ha aperto un’inchiesta”, ha evidenziato.