Il tempo è il peggior nemico del Pd ed i suoi esponenti lo stanno capendo. Più passano i giorni più il partito perde radicamento nei territori, credibilità di rinnovamento e – soprattutto – consenso elettorale. Il sorpasso del M5s è ormai acclarato ed il Nazzareno continua a perdere terreno e punti percentuali. Non è aiutato nemmeno dagli eventi circostanti se pensiamo, ad esempio, alle nuvole nere che arrivano da Bruxelles. È in questo clima che si è tenuto oggi il primo appuntamento plurale del Pd in vista del percorso costituente in essere: l’evento “Per una vera costituente”. Pensato, dai vertici dem, per scongiurare il rischio di derive scissioniste e che è dventato, di fatto, il primo confronto a tre fra i candidati alla segreteria. Una di queste persone in corsa, Paola De Micheli, ha fatto un intervento che fa riferimento proprio al fattore tempo. Sollecitando un’accelerazione sul fronte del rinnovamento delle cariche partitiche. Le sue parole riporate dall’AGI:

Io credo che il congresso fondativo, se sarà autentico e vero, avrà bisogno di molto più tempo, mentre la scelta del gruppo dirigente va accelerato. Questo percorso costituente sta mostrando dei limiti. La ‘bussola’ assomiglia a un sondaggio, più che a un percorso decidente dei nostri iscritti. Sul metodo, c’è bisogno di una seria analisi dei nostri comportamenti collettivi

La risposta la fornisce Enrico Letta in persona, il garante-traghettatore di questa nuova fase del Pd. in collegamento da remoto, l’attuale segretario, ha dichiarato:

Il 26 settembre ho accettato di portare avanti un percorso costituente, da garante, tenendo conto della necessità di allargamento, prendendo anche fuori dal nostro partito le forze che potevano trovare un percorso comune fra noi. Fa male chi caricaturizza questo lavoro. Io difendo ‘la bussola’ che molti circoli hanno usato come guida alla discussione.

Costituente Pd, Bonaccini e Schlein: “Nessuna resa dei conti”

Il rischio è quello di incappare in un paradosso: veder implodere il Pd, sopraffatto dalle differenze interne, proprio nel momento storico in cui ci si sta approcciando ad un radicale rinnovamento. Un rischio spiegato bene da Derbora Serracchiani: “Mi sorprende che dalla fase costituente si sia passati alla fase della liquidazione”.

A questo sforzo per allontanare lo spettro della scissione partecipano anche i candidati alla segreteria. Che il congresso non debba risolversi in una “resa dei conti identitaria” è il punto su cui tanto Bonaccini quanto Schlein concordano. Sarebbe una resa dei conti di questo genere a scatenare reazioni nel gruppo dirigente dem dagli esiti non prevedibili. Così Elly Schlein:

Non siamo qui per fare una resa dei conti identitaria. Ma non vogliamo più rinunciare ad avere una visione chiara. In questo dibattito congressuale, nessuno mette in discussione che tutte e tutti si preparano al confronto con la prospettiva di accettare il risultato, qualunque esso sia.

Stefano Bonaccini fa qualcosa di simile quando, nel tentativo di arginare il livore degli ortodossi dem, dice della necessità di dover arginare:

Rigurgiti identitari per il ritorno alle casematte precedenti. Sarebbe la fine del Pd. Sento riproporre contrapposizioni fra capitale e lavoro come se fossimo ancora nel secolo scorso: è surreale.