Tra il 2010 e il 2022, soltanto in Italia, sono stati registrati 1503 fenomeni meteorologici estremi, che hanno coinvolto 780 comuni e causato 279 morti. Sono i dati forniti dal report “Il clima è già cambiato“ dell’osservatorio città clima 2022 realizzato da Legambiente. Gli effetti del cambiamento climatico, in atto ormai a livello mondiale, si manifestano con maggiore frequenza in territori, spesso, resi fragili dall’urbanizzazione frenetica e dall’impoverimento di opere destinate alla tutela della bio-diversità.
Scenari segnati da lunghi periodi di siccità, seguiti da improvvise piogge torrenziali, passando per una completa alterazione del naturale ciclo termico delle stagioni, sono fattori che mentre nel passato potevano essere fraintesi, oggi devono essere considerati il drammatico, quanto reale, scenario generato dal riscaldamento globale. Allagamenti, grandinate estreme, esondazioni e trombe d’aria sono eventi atmosferici che hanno colpito duramente un territorio fragile, troppo spesso vittima della mancata prevenzione, ma che allo stesso tempo sono la diretta conseguenza di un clima ormai mutato.
Se nel passato potevano sembrare un presagio difficilmente concretizzabile, oggi sono la dura realtà da affrontare e con la quale bisogna imparare a convivere. Bisogna iniziare con una presa d’atto, un’accettazione, che ormai il riscaldamento globale ha provocato danni ingenti all’equilibrio climatico mondiale. Per questo, si deve necessariamente imparare a investire sulla mitigazione degli effetti futuri e affrontare, gli ormai presenti effetti, con investimenti sul territorio.
Clima, l’estate 2022 tra le più torride.
Ondate di calore record, sia per intensità sia per durata, hanno caratterizzato l’estate 2022, entrata con pieno merito nei primi posti della classifica delle estati più torride. Un caldo incessante, quasi del tutto estraneo al clima mediterraneo che ha sempre abbracciato lo stivale nelle lunghe stagioni estive, che ha procurato una perdita stimata tra il 30% e il 70% nella produzione agro-alimentare. Nel comparto agricolo, già messo a dura prova dai forti rincari dei costi delle materie prime energetiche, il caldo record ha compromesso in maniera irreparabile le piantagioni destinate alle raccolte estive.
Un dramma dal duplice effetto sia economico, in termini di aumenti per la spesa media mensile delle famiglie italiane, ma anche sociale manifestato con la perdita di numerosi posti di lavoro impiegati per la raccolta degli ortaggi ormai destinati al macero. La lunga e torrida estate 2022, potrà essere ricordata negli annuali futuri come l’estate della grande siccità del Po’. L’assenza di piogge e la scarsa portata volumetrica di acqua del delta, hanno provocato l’avanzamento per ben 30 Km delle acque salate marine, provocando seri danni a territori destinati alla coltivazione.
Per un’ampia zona dall’argine del fiume, l’avanzata delle acque salate, ha provocato una contaminazione salina dei terreni, rendendoli sterili per la coltivazione. Un danno enorme, serviranno anni di pioggia per miscelare le acque salate rendendo di nuovo i terreni fertili alla coltivazione. Il clima che si ribella, con lunghi mesi estivi senza pioggia, con i ghiacciai sulle vette più elevate delle catene montuose ridotti all’essenziale per non essere definitivamente cancellati dal loro stato di riserve naturali di acqua, un clima che colpisce duro un territorio già fortemente penalizzato dall’indolenza, spesso spregiudicata, della mano dell’uomo.
Grandi città e clima estremo
Le grandi aree urbane, densamente popolate, sono spesso le zone più esposte agli effetti dannosi del cambiamento climatico. Le lunghe ondate di calore, vissute nei mesi estivi, manifestano tutta la pericolosità sia per la salute delle persone, ma anche per la tutela del territorio.
Gli effetti del cambiamento climatico hanno permesso di registrare, nell’estate 2022, dati record relativi all’aumento della temperatura media nelle grandi città. L’11 di Agosto, la città di Siracusa, ha conquistato un importante, quanto triste, record. Con i 48,8 °C registrati, la città siciliana ha ottenuto il valore più elevato di temperatura mai rilevato in una città europea.
Il valore medio della temperatura delle aree urbane, ritenuto il parametro più importante da considerare per valutare l’effetto del cambiamento climatico, rispetto ai dati Istat che si riferiscono al 2020 mostra come l’andamento, a rialzo, della temperatura media è generalizzata in molte città italiane. Con Roma, che registra un aumento medio della temperatura stimato di 2,04 °C, fino a Bologna, con 1,8 °C, si rende concreta la drammatica tendenza ad avere città sempre più calde e densamente cementificate.
Ancor più rilevanti sono i dati che si riferiscono alla temperatura notturna che, in molte città italiane, hanno fatto segnare un andamento tipico dei valori tropicali con la colonnina di Mercurio che non scende sotto i 20 °C. Rispendo al trend monitorato tra il 1971 e il 2000, la città di Milano ha avuto 34 notti in più con temperatura tropicale mentre, la città di Catanzaro 33. Le aree urbane delle grandi città, registrano anche gravi problemi idrogeologici dovuti ai cambiamenti climatici.
Forti piogge, spesso torrenziali, con reti idriche cittadine adibite alla raccolta delle acque piovane inadeguate all’intensità sempre più violenta dei fenomeni atmosferici, rendono in pochi minuti le infrastrutture stradali impraticabili. L’intensificarsi dei fenomeni piovosi mette in risalto una criticità, ancor più grave e potenzialmente distruttiva, della ormai inadeguatezza delle reti pluviali cittadine. Molto spesso la sorte delle aree geografiche a elevato pericolo idrogeologico, è segnata dalla presenza di zone urbane che si sono spinte, nel corso degli anni, troppo a ridosso dei fiumi rendendosi inermi alla furia distruttiva dei corsi d’acqua in piana.
Un modello di urbanizzazione spesso troppo vetusta, raramente reso idoneo alle esigenze future, ha prodotto negli anni una crescita delle aree cementificate rendendo dal punto di vista idrogeologico il territorio troppo fragile, quasi indifeso, nei confronti di eventi meteorologici non più tipici del clima mediterraneo.
Clima, i numeri della crisi
I dati relativi al 2022, registrati tra Gennaio e Settembre, mostrano chiaramente uno scenario critico. Con 62 alluvioni e allagamenti provocate da piogge intense, molte città italiane hanno dovuto affrontare eventi meteorologici estremi, molte delle quali hanno generato criticità idrogeologiche.
- Roma: 66 eventi estremi, di cui 39 per alluvioni successive forti piogge
- Bari: 42 eventi estremi, di cui 20 allagamenti e 17 trombe d’aria
- Agrigento: 32 eventi estremi, di cui 15 allagamenti
- Milano: 30 eventi estremi, di cui 20 esondazioni dovute principalmente
dai fiumi Seveso e Lambro
Anche i dati per regione mostrano numeri importanti per i fenomeni meteorologici estremi:
Regione Eventi estremi
- Sicilia: 175
- Lombardia: 166
- Lazio: 136
- Puglia: 112
- Emilia Romagna: 111
- Toscana: 107
- Veneto: 101
Rischio idrogeologico, un territorio fragile
L’intero stivale, come purtroppo noto dai drammatici eventi registrati negli anni, è un territorio molto esposto al rischio idrogeologico. Dati forniti dalla piattaforma igroGEO, per il monitoraggio del dissesto idrogeologico, mostra come ben 1,3 milioni di persone vivono in aree geografiche con elevato rischio di frane e smottamenti e 6,8 milioni di persone vivono in zone molto esposte al pericolo di alluvione. La fragilità intrinseca dell’intero territorio nazionale mostra come non vi sia una porzione di territorio che non debba fare i conti, spesso drammatici, per l’esposizione in parte diretta a rischi indotti dalla violenza dei fenomeni atmosferici accentuata dal riscaldamento globale.
Ben 565mila edifici sono molto esposti ai rischi di frane e 623mila edifici sono seriamente minacciati dal pericolo di alluvioni. Anche tra i complessi industriali si hanno numeri record per gli edifici esposti a pericoli. Oltre 84000 edifici industriali e commerciali sono situati in zone molto esposte al rischio di frane mentre, oltre 225 mila imprese sono situate in zone a rischi alluvione.
Zone costiere, l’erosione divora delicati ecosistemi
Le coste sono zone di fondamentale importanza sia per l’Italia sia per l’intera Europa. Con un tasso di popolazione europea stimata del 40% che vive in zone entro i 50 km dalle coste, e con un 40% di PIL europeo generato dalle attività portuali e commerciale via mare, le coste sono una vera e propria spina dorsale per il tessuto economico e sociale sia nazionale che per l’intera EU.
Attività legate al trasporto delle merci via mare, il turismo, l’estrazione delle risorse marittime e l’aumento medio della temperatura globale, sono fattori che contribuiscono all’erosione delle zone costiere. L’aumento del livello dei mari, provocato dallo scioglimento dei ghiacciai come diretta conseguenza di temperature sempre più elevate, provoca l’erosione delle zone costiere.
Progetto Coastal Zone
Dal 2013 l’agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), utilizzando i dati forniti dai satelliti del programma Copernicus e la collaborazione con il Marine Environment Monitoring Services (CLMS), hanno avviato il programma Coastal Zone. Obiettivo del programma è di creare una mappatura dinamica delle zone costiere europee, per valutare l’impatto che i cambiamenti climatici hanno sull’erosione delle zone costiere.
Elaborando i dati satellitari in mappe in grado di mostrare l’andamento negli anni successivi degli effetti dell’erosione, si potranno mettere in campo opportune politiche di sviluppo per salvaguardare territori vitali all’economia e alla società.
Piano nazionale di adattamento al clima, una strategia per il futuro
Con gli effetti ormai tangibili del riscaldamento globale, le grandi aree urbane saranno particolarmente rese vulnerabili, nel futuro, da possibili lunghe e persistenti ondate di calore ed eventi atmosferici avversi.
Bisogna quindi mettere in campo strategie mirate alla tutela della salute delle persone, minacciata nei lunghi periodi con temperature torride, ma allo stesso tempo bisogna acquisire la consapevolezza che il cambiamento climatico va anche gestito dal punto di vista dell’urbanizzazione, imparando a costruire in maniera ecosostenibile e in grado di mitigare gli effetti dannosi di possibili eventi atmosferici di forte intensità.
Dal 14 aprile 2013, la Commissione Europea ha introdotto una normativa specifica per rendere l’intera Europa più resiliente agli effetti dei cambiamenti climatici. Per questo, tutti gli stati membri, sono chiamati a mettere in campo azioni mirate per affrontare l’adattamento al cambiamento climatico.
Dall’urbanizzazione più sostenibile, a una programmazione e capacità di reazione in condizioni di emergenza scaturita da eventi meteorologici avversi, ogni stato membro deve essere in grado di gestire gli effetti e le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Gianni Truini