Abolizione Spid? Se ne è parlato molto, negli ultimi giorni, con la decisione del Governo Meloni di proporre la sostituzione del sistema di identità digitale, ormai utilizzato quotidianamente da milioni di cittadini, con la carta d’identità elettronica (Cie). Ma la misura, proposta, tra gli altri, dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, non è piaciuta a molti e oggi è stato il ministro Zangrillo a tornare sulla questione, parlando della necessità di migliorare il sistema, ma non di abolirlo.

Abolizione Spid, le parole del ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo

Per Zangrillo lo Spid “è un patrimonio da salvaguardare”. Il ministro ha così posto fine alle polemiche seguite alle dichiarazioni di Butti su una possibile virata verso l’uso univoco della Cie come identità digitale. “Si lavorerà a un processo di evoluzione per migliorare, adeguare e armonizzare i sistemi di identità pubblica”, ha detto il ministro della Pubblica amministrazione nel corso di un’intervista a La Stampa. “Non possiamo chiedere ai cittadini di costruire nuovi rapporti con la Pubblica amministrazione e poi tornare indietro, dobbiamo accompagnarli in un processo di rinnovamento”. “Lo Spid – ha proseguito ancora Zangrillo – è il sistema più diffuso, utilizzato da 33 milioni di cittadini, perché consente di accedere in modo facile a una molteplicità di servizi online, senza la necessità di ulteriori apparecchiature, tipo smartcard, e nella maggior parte dei casi senza alcun costo di attivazione”. Il ministro ha anche specificato: “Superare l’attuale assetto non è un tabù, anzi, è nostro dovere tendere a un miglioramento del sistema, ma facendo tesoro dell’esperienza acquisita da milioni di utenti e delle potenzialità dei sistemi Spid e Cie, entrambi molto diffusi ed entrambi altamente sicuri”. “Il tema non è ridurre, ma ampliare i servizi digitali a disposizione dei cittadini. Tra le novità previste dal nuovo regolamento europeo, si parla di ‘wallet’: una sorta di portafoglio in cui far confluire tutte le informazioni, dal certificato di nascita agli estremi del passaporto e della firma digitale. Per poter raggiungere un obiettivo così ambizioso, dovremo necessariamente fare degli interventi”, ha concluso.

I dati sullo Spid dell’Osservatorio Digital Identity

Tra coloro che si sono schierati contro la misura, anche Giorgia Dragoni, direttrice dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano. “Spid è uno strumento che funziona, che ci ha permesso di garantire la continuità di erogazione di servizi pubblici essenziali durante l’emergenza pandemica, come i bonus e le indennità Inps. Ha un buon utilizzo da parte degli utenti finali: per la prima volta nei sistemi di identità digitali nazionali, nel 2022 verrà raggiunta la soglia del miliardo di accessi annui complessivi, con una media (in crescita) di oltre 30 accessi per utente”. Sempre secondo i numeri diffusi dall’ente, lo Spid rappresenterebbe uno dei maggiori casi di successo tra i sistemi di identità digitale nazionale attivi nel panorama europeo.

“In termini di diffusione tra la popolazione, il 55% della popolazione italiana è in possesso di Spid. Grazie agli interventi normativi, quasi la totalità delle PA permette l’accesso ai propri servizi tramite questo sistema e c’è un crescente interesse da parte degli attori privati. Secondo le nostre ricerche, gli utenti finali apprezzano la user experience di Spid, sebbene ci siano ancora ampi margini di miglioramento”, ha dichiarato sempre Dragoni, che ha messo anche in luce le profonde differenze tra Cie e Spid, spiegando che le due cose non sono intercambiabili. Basti pensare che per accedere ai servizi online con la carta d’identità elettronica esistono attualmente due modalità: attraverso un lettore di smartcard, che va acquistato e collegato al proprio computer, oppure attraverso l’app CieId, che va scaricata sul proprio cellulare. Lo Spid invece è uno strumento utilizzato solamente per l’accesso ai servizi digitali, senza costi. Abolirlo sarebbe quindi un errore.