Adolescenti transgender? Il tema diventa sempre più attuale anche grazie ad alcuni vip che ne parlano e ancor più con la definitiva scoperta di Stoller che “l’identità di genere comincia a svilupparsi già all’età di tre anni e non è da intendersi come un severo processo dicotomico maschio vs. femmina, ma piuttosto come un concetto che contiene diverse sfumature”. Si tratta di trovare i giusti strumenti da dare ai nostri ragazzi per il loro viaggio di consapevolezza e questo era lo scopo del recente convegno Trans-i-zone in cui c’era anche Marina Miscioscia, psicologa, psicoterapeuta, ricercatrice presso il dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione in convenzione SSN con l’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile, dipartimento di Salute della donna e del bambino. La scienziata ha fatto molta chiarezza su quest’aspetto. Vediamo i passaggi chiave del suo intervento.
Adolescenti transgender, i principali dubbi dei ragazzi
L’adolescenza è un periodo complesso in generale ma lo è ancor più per chi è ancora in cerca del proprio genere. La dott.ssa Miscioscia ha così spiegato cosa passa per la testa a chi si trova in quella fase di vita:
“Vi è una molteplicità di bisogni e richieste. I centri non sono molti, ma per fortuna sono in aumento. La necessità che porta le persone a prendere contatto con un centro è legata al desiderio di intraprendere un percorso di affermazione di genere, che prevede diversi step. Alcuni adolescenti hanno intrapreso percorsi di consapevolezza e crescita personale, quindi sanno di essere sulla strada giusta, altri chiedono la possibilità di un confronto e un sostegno psicologico, con persone formate sul tema dell’identità di genere, che possa assicurare uno spazio di dialogo sicuro e rispettoso. Il processo di sviluppo dell’identità di genere, ma in senso più ampio dell’identità sessuale, può essere molto diverso da persona a persona. Non tutte le persone transgender o gender diverse sperimentano le stesse cose: è importante facilitare un percorso di esplorazione di vissuti che rispetti i tempi e l’esperienza personale di ognuno. La maggior parte delle volte le idee sono chiare, ma non è sempre così: ci possono essere questioni da approfondire con professionisti competenti.”
Chi sono i giovani con identità non binarie
Il convegno ha fatto luce anche su quest’aspetto degli adolescenti transgender:
“Identità non binaria è un termine generico che si riferisce a individui che vivono il loro genere al di fuori del binarismo maschio-femmina: include persone il cui genere comprende più di una identità di genere, contemporaneamente o in diversi momenti, oppure che non hanno una identità di genere o ne hanno una neutra. Si tratta di uno spettro di possibilità fuori dal binarismo, che è in continua evoluzione. Bisogna precisare che risulta difficile stendere un elenco esaustivo, ci sono diverse possibilità, con un significato specifico per ogni persona: oggi il termine definisce questo spettro di possibilità fuori dal binarismo ma potrebbe ancora variare. Diversi studi ci dicono che le persone non binarie sono tra il 25 e il 50% della popolazione transgender e questa percentuale aumenta tra i giovani.”
Adolescenti transgender, l’utilità della valutazione biopsicosociale
I ragazzi non sono soli. Ci sono professionisti che si occupano di percorsi di affermazione di genere che sono là per facilitare l’esplorazione di espressione del genere in modo aperto e rispettoso, che non dia più peso ad una particolare identità ma che punti all’ascolto della persona che si ha di fronte. In questo grande peso ha la valutazione biopsicosociale. Sempre la psicologa spiega così il passaggio:
“E’ essenziale, perché permette di prendere la decisione di iniziare il percorso di affermazione medicalizzato. In questo processo si lavora insieme alla famiglia, alla scuola. I professionisti devono avere un’ottima conoscenza di tutto quello che riguarda la salute mentale: dobbiamo infatti essere in grado di valutare la capacità della persona di dare il consenso ai trattamenti medici, non ci devono essere elementi che possano interferire. La persona è sempre coinvolta attivamente, noi non ci limitiamo a porre un sigillo: dobbiamo accompagnare e informare sui possibili effetti della terapia e sulle opzioni disponibili relative alla preservazione dell’affettività.”
Si tratta di un mondo complesso ma rispettabile e da tutelare. Ora ci sono gli strumenti per farlo.