È in corso a Roma il processo Meloni-Saviano, che vede lo scrittore napoletano impegnato a difendersi dall’accusa di diffamazione, per aver usato l’appellativo di “basta**a” nei confronti della leader di Fratelli d’Italia, diventata nel frattempo Presidente del Consiglio, nel corso della puntata di una trasmissione andata in onda su La 7 nel dicembre 2020 sul tema dei migranti e sulla relativa gestione politica dei porti italiani, in seguito alla morte di un neonato salvato dall’Ong Open Arms. Il legale della Meloni aveva fatto sapere ai microfoni dei cronisti, prima di entrare in aula per la prima udienza, che l’accusa avrebbe valutato se ritirare la querela, ma alla fine questa ipotesi sembrerebbe essere stata scartata, come la stessa premier ci ha tenuto a ribadire sul palco della festa del decennale di Fratelli d’Italia a Piazza del Popolo, qualche giorno fa. “L’ho querelato, non da Presidente del Consiglio, ma da Presidente dell’unico partito di opposizione – ha detto -. Non si trattava di una critica. Ripetutamente mi ha dato della ‘basta**a’ affibbiandomi la responsabilità della morte di un bambino in mare, quando ero all’opposizione e neanche lontanamente potevo avere responsabilità. Io non politicizzo, lui sta cercando di farlo”. Lo scrittore non ha perso l’occasione di risponderle.

Saviano Meloni querela: la risposta dello scrittore alle parole della premier

Ho ascoltato le parole di Giorgia Meloni sul palco per la festa per i dieci anni di Fratelli d’Italia, parole gravissime – ha affermato Saviano –. Meloni ha deciso di querelarmi, ma poi si sottrae al processo, mi querela ma non accetta il confronto nella stessa sede in cui lei mi ha portato. Meloni ha detto che l’ho accusata di essere responsabile della morte di un bambino. Falso.”. Queste le parole dello scrittore, che ha riproposto sui social il video del suo discorso a Piazzapulita, in cui diceva: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: ‘taxi del mare’, ‘crociere’… viene solo da dire bast**di. Meloni, Salvini, bast**di, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”.

Se per le falsità che Meloni ha detto io decidessi, per ipotesi, di querelarla, sapete come andrebbe? Come accade ogni volta che un cittadino prova a chiedere ai politici conto delle proprie parole. Verebbe schermata dalla giunta per le immunità parlamentari, che affermerebbe, come accade sempre, che quelle sue dichiarazioni ‘sono avvenute nell’esercizio delle sue funzioni da premier’, bloccando tutto. Quindi Meloni quando querela è una privata cittadina, una underdog, una svantaggiata, ma se c’è il rischio che venga querelata è la Presidente del Consiglio. Meloni mente sapendo di mentire – ha proseguito -, mente perché può farlo, non essendo sotto giuramento. Se avesse pronunciato parole identiche a quelle che vi ho mostrato in un’aula di tribunale ora sarebbe sotto processo per falsa testimonianza”.

Lo scrittore accusa la premier di aver aizzato i suoi sostenitori contro di lui, in pubblica piazza, mettendolo “alla berlina”. “Meloni ridicolizza me e le ragioni della mia critica. Espone uno scrittore, un individuo, un cittadino, un oppositore, all’odio della massa. Questo è un comportomento disonorevole”, ha detto, invitandola a presentarsi in tribunale, dove è parte civile. “Perché si sottrae, di cosa ha paura? Meloni ha paura di questo processo, perché sul banco degli imputati non ci sono io, ma attraverso me c’è il diritto di criticare aspramente il potere, che è uno dei pilastri della democrazia. Alla sbarra non ci sono io, ma loro: Meloni, Salvini, Piantedosi, Minniti, e le loro politiche inumane verso gli immigrati, le loro menzogne, il loro sostegno ai trafficanti libici attraverso il finanziamento della guardia costiera di un Paese instabile, dominato da milizie armate”.

“Il Papa, che tutti questi signori citano nei loro discorsi, ha definito i centri di detenzioni libici – che noi finanziamo – ‘lager'”. “Io sono sotto processo – ha concluso – per aver stigmatizzato le parole di odio, parole disumane, che da anni la premier pronuncia contro Ong e migranti, volendo dire che l’emergenza migranti non è emergenza invasione, ma emergenza umanitaria; volendo dire e ribadire che non esistono blocchi navali praticabili, che non esistono affondamenti di navi senza che vi sia una guerra e che chi salva vite in mare non può essere arrestato per puro piacere di una donna che si presenta come un underdog, una sfavorita, ma in realtà è in Parlamento, ai vertici delle Istituzioni, da vent’anni. La verità è che Meloni ha paura di venire in tribunale e fa benissimo ad averne: questo è il motivo per cui continua a fare processi in piazza, perché la sua propaganda può esistere solo se ha certezza di non avere sanzioni, di non pagare pegni, solo se può avvenire in assenza di giuramento di veridicità. Non sarebbe così se venisse a raccontare le sue fandonie in tribunale“.