Una forte esplosione si è verificata nel gasdotto in Russia che rifornisce l’Europa passando per l’Ucraina. La pipeline interessata è la Urengoy-Pomary-Uzhgorod, nota anche con il nome di Brotherhood (fratellanza) che convoglia verso Ovest il gas siberiano. Secondo l’agenzia di stampa Ria Novosti almeno tre persone sono morte nell’esplosione avvenuta, a 150 kilometri ad ovest della città di Kazan, durante i lavori di manutenzione programmata sulla sezione del collegamento. Il gasdotto ha una capacità di circa 30 miliardi di metri cubi l’anno ed è lungo 4.500 kilometri di cui 720 in territorio ucraino. Le fiamme scaturite dallo scoppio sono state spente. L’ex vice capo del Ministero delle situazioni di emergenza ha dichiarato a Ria Novosti che la riparazione della sezione danneggiata del gasdotto potrebbe richiedere circa tre giorni. “È stato accertato che l’esplosione si è verificata durante i lavori di riparazione programmati sulla sezione del principale gasdotto sotterraneo Urengoy-Pomary-Uzhgorod con un diametro di 1420 mm”, ha dichiarato il Ministero delle situazioni di emergenza in una nota. Al momento pare che non ci siano particolari ricadute sulle forniture, ma la notizia ha provocato un improvviso rialzo dei prezzi poi rientrati.
Esplosione gasdotto in Russia: cause, importanza strategica della linea e conseguenze sul possibile rialzo dei prezzi
La deflagrazione nell’impianto russo ha causato la morte di tre persone ed è avvenuta nella regione della Ciuvascia, a circa 600 chilometri ad est di Mosca. I testimoni oculari che hanno diffuso i video del rogo sui social hanno confermato che l’esplosione è stata molto forte. Le cause, si è detto, sono ancora da verificare, ma sembrano essere collegate a una fuga di gas durante i lavori di manutenzione ordinaria. L’infrastruttura è strategica per l’Unione europea e per l’Italia: l’impianto, che dalla Siberia raggiunge l’Italia attraverso il Tarvisio, è diventato il principale canale dei flussi di idrocarburi dalla chiusura del Nord Stream ad agosto. La pipeline, che porta il gas in Europa dall’Artico russo, è stata costruita negli anni Ottanta ed entra in Ucraina attraverso il punto di misurazione di Sudzha, e rappresenta attualmente il principale percorso del gas russo per raggiungere l’Europa. Gazprom aveva dichiarato che si aspettava di pompare 43 milioni di metri cubi di gas verso l’Europa attraverso l’Ucraina tramite Sudzha nelle prossime 24 ore, un volume in linea con gli ultimi giorni. Dopo la notizia dell’esplosione I future Ttf di Amsterdam, che in mattinata erano arrivati a sfiorare i 100 euro al megawattora (-7,7 percento), si sono impennati brevemente del 6,6 percento, a quota 115 euro, per poi ridimensionare i rialzi all’1,3 percento, a 110 euro. Già lo scorso 26 settembre esplosioni causate da sabotaggi con ordigni, ma di cui resta ancora ignoto il responsabile, hanno compromesso le condotte sottomarine del gasdotto Nord Stream che collega Russia e Germania. La condotta lavorava comunque su regimi molto ridotti dopo che Mosca aveva deciso la quasi interruzione delle forniture per Berlino. L’incidente si verifica all’indomani dell’accordo europeo per il tetto al prezzo del gas.
L’Italia ha ripreso a importare gas dalla Russia
In Italia sta di nuovo arrivando gas dalla Russia. Da mesi, il gas russo al punto di ingresso della rete nazionale di Tarvisio era diminuito drasticamente rispetto alle quantità degli anni precedenti, in alcuni giorni addirittura azzerandosi, rendendo il 2022 il punto più basso delle importazioni dalla Russia da decenni. Nei primi giorni di dicembre è invece arrivato più gas russo che nei mesi di ottobre e novembre messi insieme. Ora, l’esplosione al gasdotto che dalla Russia porta il gas in Europa attraverso l’Ucraina aumenta i dubbi sulla quantità di gas che dalla Russia può arrivare in Italia. Nel 2021, infatti, l’Italia dipendeva dalla Russia per il 40 per cento delle forniture totali di gas. In generale, nell’ultimo decennio il gas russo è stato fondamentale per il fabbisogno italiano. A causa della guerra in Ucraina, nel corso del 2022 la dipendenza russa è stata ridimensionata e le quantità di gas importate sono diminuite a dismisura fino a pesare per poco più del 3 per cento delle forniture, come successo a novembre 2022. Rispetto al 2021, dunque, le differenze sono notevoli: nei primi 11 mesi del 2022 l’Italia ha ridotto le importazioni dalla Russia di quasi il 60 per cento. Il confronto tra ottobre e novembre 2022 e lo stesso periodo nel 2021 rende ancora più immediati i cambiamenti degli ultimi mesi: parliamo di un calo dell’87 per cento, che potrebbe rappresentare il minimo storico delle importazioni di gas russo dal 1990 a oggi. Anche se negli ultimi giorni i flussi dalla Russia sono sensibilmente aumentati, il 2022 potrebbe essere ricordato come la fine della dipendenza dal gas russo per l’Italia e l’Europa. Anche se per questo inverno l’Italia sembra essere riuscita a bilanciare le mancanze russe grazie alle forniture alternative e a una riduzione corposa dei consumi, i problemi tuttavia potrebbero iniziare l’anno prossimo, in previsione dell’inverno 2023.