La Riforma IRPEF 2023, rappresenta la chiave degli interventi che intende realizzare il governo Meloni. Il primo obiettivo, è sicuramente, la realizzazione di una riforma fiscale strutturale, che non dovrebbe abbracciare esclusivamente le partita IVA, ma pensata con un raggio d’azione molto più ampio.
In sostanza, la nuova Riforma IRPEF dovrebbe portare a una rimodulazione degli scaglioni IRPEF, per cui nel 2023 è stato presunto un salto da 4 a 3, così come è avvenuto nel 2022, in cui il saldo è avvenuto da 5 a 4.
Tuttavia, non sono presenti dati ufficiali, per ora le prime interpretazioni della norma arrivano dal Messaggero. Non sono pochi gli interventi preannunciati per il 2023, tra cui anche la tanto attesa Riforma IRPEF, che dovrebbe introdurre le tre aliquote famose, ovvero 23, 27 e 43%.
Riforma IRPEF 2023: chi ci guadagna, ecco tutti i pro e contro delle nuove disposizioni
In altre parole, l’aliquota maggiore e minore, ovvero 43 e 23%, non subirebbero variazioni, mentre lo stesso non si può dire per le aliquote al 25 e 35%, che verrebbero sostituite dall’aliquota al 27%.
In teoria, dovrebbero essere introdotte nuove fasce reddituali.
Anche, perché, se tizio nel 2022 rientrava nella fascia reddituale compresa tra 15.000 a 28.000 euro, l’applicazione IRPEF era al 25%. Viceversa, nel 2023 per la medesima fascia reddituale l’aliquota IRPEF corrispondente sarebbe quella del 27%.
Nello stesso tempo, coloro che nel 2022 rientrano nella fascia reddituale compresa tra 28.000 a 50.000 euro, hanno subito l’applicazione di un’aliquota IRPEF nella misura del 35%. Viceversa, nel 2023 per la medesima fascia reddituale l’aliquota IRPEF corrispondente sarebbe quella del 27%.
In pratica, si tratta di affrontare una disparità di trattamento, nonché la necessità e l’appropriatezza
dei mezzi adoperati per il conseguimento della “finalità legittima”, di cui il governo Meloni si farà carico.
Riforma IRPEF 2023: le ultimissime di oggi
L’introduzione di possibili correttivi alla Riforma IRPEF, sono stati anticipati dal vice ministro all’Economia, Maurizio Leo, nel corso di un’intervista con Il Messaggero.
Si è parlato e si parla dell’ingresso nell’economica nazionale di una tassa piatta nella misura del 15 per cento, a cui dovrebbe seguire un aumento dello scaglione reddituale da 65.000 a 85.000 euro.
E, ancora, dell’introduzione della flax tax a regime incrementale a favore degli autonomi. Poi, a seguire, dovrebbe applicarsi i correttivi sulla Riforma IRPEF, con l’ingresso dei tre scaglioni reddituali (23,27 e 43%).
Quali sono i pro e contro della nuova riforma IRPEF
Ricordiamo che ad oggi, mancano dati ufficiali, per cui l’orientamento viene svolto su base ipotetica, si presume l’aumento del primo scaglione di reddito oltre 15.000 euro, agganciato all’aliquota IRPEF nella misura del 23%.
Come spiegato da Thewam, per il limite reddituale del secondo scaglione, si prevede uno scatto al 27 per cento, con un reddito presumibilmente inferiore a 50.000 euro. E, infine, l’aliquota IRPEF al 43% verrebbe agganciata ai redditi di oltre 45.000 euro.
Nuove o vecchie tasse nel 2023?
Il governo Meloni dovrà intervenire necessariamente sulla Riforma IRPEF, introducendo anche altri correttivi agganciati ad altre riforme, per ridurre o tamponare la pressione delle casse dello Stato. Secondo il vice ministro Leo, è necessario che il governo italiano trovi altre coperture, per poter applicare la riforma IRPEF con 3 aliquote.
In buona sostanza, si partirebbe con correttivi soft per poi agganciarsi al meccanismo flat, che leghi perfettamente con il funzionamento delle detrazioni e deduzioni.
L’aspetto più complicato e controverso da ammorbidire, è la tassa piatta, che dovrebbe almeno risultare coeso con l’articolo 53 della Costituzione italiana, che recita:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
trovo estremamente ingiusto abbassare le tasse ai redditi medi e alzarle ai redditi bassi. Dico solo che ci vuole un bel coraggio a farli. Ne subiranno le conseguenze perché i tre quarti della popolazione che ha redditi bassi comincerà a non spendere e le aziende chiuderanno e il PIL flettere di molto oltre poi a pagarne nelle urne alle prossime elezioni la destra nazionale le debite opportune conseguenze.