Carceri italiane. L’articolo 27 della Costituzione italiana, comma 3, riconosce la funzione rieducativa della pena. Uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento che però continua a vivere all’interno di un limbo in cui, da un lato, è valorizzato dal legislatore e dalla giurisprudenza, dall’altro viene smarrito nelle prassi di una amministrazione penitenziaria complessa e nebulosa.
Allarme suicidi nelle carceri italiane
Si pensi al sovraffollamento carcerario, all’abuso della custodia cautelare, agli episodi di violenze fisiche e psicologiche, verso gli altri e verso se stessi. Nel 2022, le morti per mano propria sono state quasi la metà del totale dei decessi avvenuti dietro le sbarre. Una strage che dal 2012 a oggi ha mietuto 583 vittime e che mostra drammaticamente la portate del problema, nel confronto con altri Paese europei. In Italia infatti la percentuale di suicidi della popolazione carceraria è 15 volte superiore alla media.
Ma il dato forse più allarmante riguarda le tempistiche. Il 62% dei suicidi in carcere avvengono nei primi sei mesi di detenzioni, un quarto nei primi tre e uno su cinque nei primi dieci giorni dall’ingresso. Dei 79 detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno ben 39 dovevano scontare pene inferiori ai 3-5 anni; 31 erano in attesa di primo giudizio e 7 erano gli appellanti.
Sovraffollamento carceri, Latina si piazza al primo posto in Italia
Il rafforzamento delle misure alternative alla detenzione è da sempre una questione al centro del dibattito quando si parla delle falle del sistema penitenziario italiano. Insieme alla depenalizzazione dei reati e al sovraffollamento delle celle. In merito a quest’ultimo aspetto, l’Italia si colloca tra gli otto Paesi europei che registrano una densità superiore alla media: con 105 detenuti costretti a vivere nello spazio assegnato a 100 persone.
È la fotografia statistica pubblicata dalla Commissione europea che arriva nonostante i verdetti di condanna della Corte di Strasburgo e quasi dieci anni dopo la famosa sentenza Torreggiani. Il caso riguardante trattamenti inumani o degradanti subiti da sette persone detenute per molti mesi in celle triple e con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione. Era il 2010 e le carceri in questione erano quelle di Piacenza e Busto Arsizio. Dodici anni dopo, la casa circondariale del comune del Varesotto è ancora sul podio per tasso di affollamento. Preceduta dal carcere di Latina e seguita da quello di Brindisi. Tutte con una percentuale ben superiore al 160%.