Proseguono per l’ottavo giorno consecutivo nel nord del Kosovo le proteste della locale popolazione serba che da una settimana attua blocchi stradali e barricate per chiedere il rilascio di alcuni ex agenti serbi della polizia kosovara arrestati, oltre al ritiro delle unità della polizia speciale inviate nel nord dalla dirigenza di Pristina nei giorni scorsi. La protesta è diretta al tempo stesso contro la generale politica del governo del Kosovo, ritenuta ostile e discriminatoria nei confronti dei serbi. Restano difficili le comunicazioni stradali tra i principali centri del nord: le scuole sono chiuse e sono sempre impraticabili i due principali valichi di Jarinje e Brnjak, alla frontiera tra Kosovo e Serbia, mentre nella giornata di giovedì era stato arrestato a Mitrovica un altro ex agente serbo della polizia del Kosovo, Sladjan Trajkovic.

Proteste in Kosovo, il perchè alla base delle manifestazioni e gli ultimi sviluppi

La proteste sono partite nei pressi della località di Rudare, villagio a pochi kilometri da Mitrovica, capoluogo del Kosovo del Nord, un’area di forte tensione interetnica. La crisi tra Serbia e Kosovo si era intensificata dopo l’invio di personale militare di Pristina che controlla l’enclave serba di Mitrovica nel nord della repubblica kosovara, con i serbi che proseguono coi blocchi stradali e le barricate per protesta contro l’arresto di un ex agente serbo della polizia kosovara, e in generale contro la politica di Pristina, ritenuta ostile alla popolazione serba locale. L’ultima notte è trascorsa sostanzialmente tranquilla e senza incidenti di rilievo. E mentre proseguono gli appelli della comunità internazionale, a cominciare da Ue e Usa, a rimuovere i blocchi e normalizzare la situazione, ieri Belgrado ha presentato richiesta ufficiale per schierare 1000 membri delle sue forze di sicurezza nel nord del Kosovo alla forza di pace Nato, presente nella regione da sempre teatro di forti tensioni tra etnia albanese e serba. Sarà ora un italiano, il generale angelo Michele Ristuccia, a capo della missione Kfor, a dover acconsentire alla richiesta di Belgrado di schierare i 1000 tra soldati e agenti di polizia. Secondo il presidente serbo Aleksandar Vucic, Ristuccia non potrebbe rispondere in maniera negativa in base al testo della risoluzione 1244 delle Nazioni Unite che – oltre a sancire la presenza internazionale delle Nazioni Unite e della Nato nella regione – garantiva a Belgrado la possibilità di intervento a garanzia di sicurezza dei serbi e delle loro proprietà, come pure delle chiese e dei monasteri ortodossi nella repubblica diventata poi indipendente nel 2008. Vucic ha anche convocato una riunione d’emergenza del Consiglio per la sicurezza nazionale. Nel darne notizia, la presidenza a Belgrado non ha precisato i temi al centro della riunione, che con tutta probabilità sarà dedicata agli ultimi preoccupanti sviluppi della situazione in Kosovo. Già la presidente del Kosovo Vjosa Osmani, alla luce della forte tensione che permane nel Paese, dopo consultazioni con le forze politiche aveva annunciato il rinvio al 23 aprile delle elezioni locali comuni del nord a maggioranza serba. Non solo: il 15 Dicembre scorso Kosovo ha fatto domanda ufficiale di ammissione all’Unione europea, ma il percorso non sarà affatto semplice, anzi, piuttosto impossibile in quanto cinque Paesi membri  – Grecia, Spagna, Slovacchia, Romania e Cipro – non riconoscono l’indipendenza del Kosovo e non cambieranno posizione a riguardo.

1000 italiani al confine con il Kosovo

“C’è molta tensione tra Kosovo e Serbia, stiamo cercando di fare di tutto per evitare perché la situazione degeneri. Ci sono mille militari italiani al confine che garantiscono la stabilità e la pace e sono apprezzati da serbi e kosovari”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha annunciato che a gennaio sarà organizzata a Trieste una conferenza sui Balcani per preparare una serie di iniziative politiche.