Opzione donna 2023 ultime notizie oggi. Per evitare il ritorno alla Legge Fornero, il governo ha varato per il 2023 una soluzione ponte prima di procedere ad una riforma strutturale delle pensioni. 

Opzione donna 2023 ultime notizie oggi

Per il 2023, con la legge di Bilancio in fase di definizione, il governo guidato da Giorgia Meloni pensa di prorogare Opzione donna modificandone tuttavia i requisiti e in particolare l’età anagrafica per andare in pensione anticipata rispetto, per esempio, ai 67 anni previsti per quella di vecchiaia.

Forte è il pressing affinché la norma, che consente il pensionamento anticipato alle donne che hanno determinati requisiti, sia prorogata nella versione attualmente in vigore: 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi con l’assegno calcolato interamente con il più penalizzante metodo contributivo.

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, è contraria alla versione varata dal Cdm che prevede vincoli al requisito anagrafico legato ai figli (58 anni in presenza di un figlio, 59 anni con due, 60 anni senza). Dubbi anche sulla possibilità di accedere al pensionamento anticipato consentita soltanto alle donne caregiver (cioè che prestano assistenza a un familiare in base alla legge 104), o che sono invalide al 74% oppure che sono lavoratrici di aziende che hanno tavoli di crisi aperti presso il Mimit.

Requisiti

Il nuovo comma 1-bis, riserva “Opzione Donna” alle lavoratrici che abbiano maturato entro la nuova data del 31 dicembre 2022 “un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età anagrafica di sessanta anni”.

La normativa richiede inoltre di trovarsi in una delle seguenti condizioni:

  • Assistere, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, Legge 5 febbraio 1992, numero 104).
  • Avere una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%;
  • Essere lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa.

Lavoratori “precoci”

Potranno poi continuare a uscire con 41 anni di versamenti, indipendentemente dalla soglia anagrafica, i cosiddetti lavoratori “precoci”, ovvero quelli in possesso di 12 mesi di contribuzione effettiva prima del 19esimo anno d’età e che si trovano in condizioni sostanzialmente simili a quelle previste per accedere all’Ape sociale