Mihajlovic Manicni, due cognomi, due persone distinte e diverse, ma in campo e spesso anche nella vita, una cosa sola. Unica. Alla Sampdoria e alla Lazio sul terreno di gioco, all’Inter in panchina.

La morte di Sinisa è un colpo durissimo per Roberto Mancini, non facile da accettare, anche perché il legame era forte e l’amicizia totale e profonda.

Avrebbe voluto ricordarlo in modo diverso e non è detto che accadrà, ma per ora rilascia una nota sul sito della Figc. “Questo è un giorno che non avrei mai voluto vivere, perché ho perso un amico con cui ho condiviso quasi 30 anni della mia vita, in campo e fuori”.

Mihajlovic Mancini. L’amicizia

Per il ct azzurro non è semplice parlare del suo amico Mihajlovic. Sono stati compagni di squadra nella Sampdoria e nella Lazio, poi Sinisa l’ha avuto come allenatore nell’Inter e poi come collega in panchina, sempre nell’Inter.

I due sono praticamente andati in viaggio insieme dal ’94, quando il serbo è arrivato a Genova sponda blucerchiata dalla Roma.

Non è giusto che una malattia così atroce abbia portato via un ragazzo di 53 anni, che ha lottato fino all’ultimo istante come un leone, come era abituato a fare in campo. Ed è proprio così che Sinisa resterà per sempre al mio fianco, anche se non c’è più, come ha fatto a Genova, a Roma e a Milano e successivamente anche quando le nostre carriere hanno preso strade diverse“.

Il ct dell’Italia Roberto Mancini, Sinisa Mihajlovic e il presidente della Figc Gravina (Ansa)

Mihajlovic Mancini. Ricordi e aneddoti

Sono da sempre rimasti amici fraterni. In questi ultimi giorni si sono anche sentiti, la settimana scorsa l’ultimo contatto. L’aveva visto in qualche foto, quando è andato a fare una sorpresa a Zeman per la presentazione del suo libro, quasi cazziandolo: ma dove vai in giro, pare gli abbia detto.

Già perché tra i due c’era sempre questa sorta di protezione paterna e pure quel non so che di battuta eterna e fraterna. Come quella volta che Mancio stesso raccontò di quando Sinisa si presentò con una camicia tutta colorata a Formello: “Ma dove caz… vai vestito così, ma sei scemo?” E non mancò la risposta puntuale e un po’ permalosa di Sinisa: “Mancio stai buono, parli te che di gusto non sai un cavolo anzi guarda e impara…“. E giù risate. Ma di cose ai tempi di Formello ce ne sarebbero da raccontare. Davvero tante e uniche.

Era uno dei pochi da cui accettava prese di posizione rigide e anche conigli tattici. Una delle cose che Mancini spesso raccontava di Mihajlovic era ai tempi della Sampdoria. Della mitica Bmw gialla che Sinisa aveva comparato da poco, uno dei primi ad avere le macchine gialle, cosa che fece impazzire Mancini e Vialli.

Lo raccontava quando era calciatore durante i ritiri della Lazio in Austria, ma anche come tecnico. “Quando venne alla Sampdoria comprò una macchina gialla, un BMW sportivo. E un giorno andò a prendere Arianna (la moglie ndr) alla stazione a Genova, come faceva spesso. Mentre aspettava era fermo davanti alla stazione, con questa macchina gialla, e un signore, uscito dalla stazione, è salito dietro, senza chiedere nulla. Mihajlovic lo ha guardato e gli ha detto: ‘Che c***o fai qui dietro?’ E il signore gli ha risposto: ‘È un taxi…’. E Sinisa: ‘Ti sembra un taxi questo?’, la cosa bella è che Sinisa l’ha raccontato a noi, senza sapere che l’avremmo massacrato per anni…..”

E così fu, ma Sinisa Mihajlovic lo sapeva bene. Si volevamo davvero bene con Mancini, anche perché Sini”, così lo chiamavano gli amici più stretti, appariva all’esterno un po’ burbero e quasi di ghiaccio, ma era solo una maschera perché in realtà era una persona meravigliosa, buona e leale. SE gli facevi un torto, eri finito, altrimenti ti apriva le porte del cuore. Davvero una persona di parola e d’altri tempi.