Formazione obbligatoria per i giovani under 29 che percepiscono il reddito di cittadinanza o addio all’assegno. È una delle ultime ipotesi emersa tra gli emendamenti segnalati alla manovra e che prevede una stretta al sussidio per ottenere risparmi nell’ordine di 743 milioni di euro per il 2023 (rispetto ad un plafond di 8,8 miliardi assegnati per lo stesso anno dalle precedenti leggi di Bilancio), in vista della sua sostituzione con un nuovo strumento di sostegno alla povertà nel 2024 (che però nessuno sa come e su quali basi verrà assegnato). Sulle modifiche è in corso un braccio di ferro con l’opposizione, a cominciare dai Cinque Stelle che frenano qualsiasi revisione. La partita si gioca dunque nell’ambito del Ddl di Bilancio, all’esame della commissione Bilancio della Camera. Oggi il vertice di maggioranza con la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in attesa nel pomeriggio delle proposte del governo e dei relatori. Il clou del voto sulle modifiche è atteso tra domenica e lunedì per consentire l’approdo in Aula alla Camera entro mercoledì 21 dicembre.
Reddito cittadinanza under 29: addio all’assegno senza completare il percorso scolastico. Cosa prevede la proposta e quando potrebbe entrare in vigore
La proposta è stata presentata dalla Lega che dal 1 gennaio 2023, per la fascia di giovani di età tra i 18 e i 29 anni che non abbiamo adempiuto all’obbligo formativo, pone come condizione per ottenere il beneficio come l’iscrizione e la frequenza di un percorso di studi finalizzato all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzionen e formazione sin al conseguimento dell’obbligo formativo o, almeno di una qualifica triennale. L’emendamento prende spunto da quanto annunciato dal ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara che citava uno studio ministeriale sul fenomeno dei Neet (Not engaged in education, employment or training), i giovani che non lavorano, non studiano, né sono inseriti in un percorso di formazione. In Italia ci sono 364.101 percettori di reddito di cittadinanza nella fascia compresa tra i 18 e i 29 anni. Di essi ben 11.290 possiede soltanto la licenza elementare o addirittura nessun titolo, e altri 128.710 soltanto il titolo di licenza media. Per il ministro si dovrebbe dunque prevedere l’obbligo di completare il percorso scolastico per chi lo abbia illegalmente interrotto o un percorso di formazione professionale nel caso di persone con titolo di studio superiore ma non occupate né impegnate in aggiornamenti formativi, pena in entrambi i casi la perdita del sussidio economico. La proposta, si è detto, deve essere approvata e, nel caso, verrà presentata in aula entro la prossima settimana.
La riduzione di una mensilità
Sembra avere meno chances la proposta circolata nella maggioranza di ridurre da 8 a 7 mesi la durata del reddito di cittadinanza nel 2023 per i percettori occupabili (il limite degli 8 mesi non si applica ai nuclei al cui interno siano presenti componenti con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant’anni di età), finalizzata a produrre un risparmio stimato in circa 200 milioni. Lo stesso Ministro del Lavoro, Marina Calderone alla domanda se altre risorse per coprire le misure previste dalla legge di Bilancio possano essere ricavate da una “stretta” sul Reddito di cittadinanza ha chiarito che non è questo il contesto su cui si sta lavorando. Contro l’ipotesi dell’ulteriore riduzione del reddito di cittadinanza a 7 mesi si schierano anche i sindacati, in particolare la Uil che definisce la proposta inaccettabile, la quale si somma alla già drammatica assenza di interventi che riguardano l’inclusione sociale, come ha sottolineato in una nota il segretario confederale Domenico Proietti, commentando le valutazioni della maggioranza nell’iter parlamentare della manovra. «Il reddito di cittadinanza – ha detto Proietti – è uno strumento indispensabile per il contrasto alla povertà che deve essere mantenuto per dare una prima risposta agli oltre 5 milioni di poveri presenti nel nostro Paese”.