Tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico i rapporti sono, da sempre, altanelanti. Non partiamo dagli albori dove troviamo, nelle pagine della storia, un partito anticasta ed antiestablishment guidato da Beppe Grillo che rinveniva, proprio nel Pd, la massima espressione dell’elite politica. Pertanto, da distruggere. Anzi, da aprire come una scatoletta di tonno. Partiamo da dopo, da quando è apparso Giuseppe Conte sulla scena della politica italiana. L’idillio tra M5s e Lega dura poco ed allora il partito, allora guidato da Luigi Di Maio, apre ad una svolta epocale: fare un patto con il Partito Democratico e mettere su un esecutivo da affidare – ancora – a Giuseppe Conte. L’ex Premier nonostante qualche macchia importante (la firma dei decreti sicurezza, per dirne una) ha sempre detto di sentirsi più a suo agio nella seconda alleanza affidatagli. Quella giallorossa: più di sinistra e più europeista. Le cose peggiorano sotto il governo di Mario Draghi su cui Conte ha sempre mosso aspra critica fino ad innescare – in un concorso di colpe con altri partiti – quella crisi di governo che si è sovrapposta al deterioramento dei rapporti con i dem. Alle politiche sono andati separati ed è stata, per certi versi, una scelta vincente per i pentastellati: la presa di distanza dal Pd, ed il ritorno ad alcune posizioni più radicali, hanno innescato una ripresa dei sondaggi.
Conte al Pd: “Temi, non alleanze”
E veniamo all’oggi. Un oggi in cui le interlocuzioni tra Pd ed M5s vanno avanti ad intermittenza. Ci sono correnti del Pd più vicine ai 5s ma è proprio lì, nel partito di Conte, che si insidiano i dubbi maggiori. Forse perché elettoralmente più forte in questo, forse per una reale disarmonia di veduta politica, Conte rimane scettico. Lo ha detto anche oggi nel suo intervento a Palermo:
L’importante per noi sono i contenuti e i programmi. Noi non partiamo dalle alleanze: valutiamo i contenuti e la possibilità di formulare proposte competitive in linea con i nostri principi morali. Su questo siamo intransigenti e lo saremo ancora di più in futuro. e mai ci trovassimo insieme con altre forze politiche – ha aggiunto – l’asticella sarebbe ancora più alta: non possiamo permetterci di derogare da questi principi. C’è una questione fondamentale per noi che è quella morale. Noi non l’abbiamo mai accantonata.
Lazio e Lombardia, scelte diverse
Dichiarazioni ermetiche che lasciano, inevitabilmente, carta bianca in mano ai direttivi regionali. Mancando un diktat centrale, infatti, ne viene fuori che ognuno sceglie da sé. Lo si evince dalla situazione che si è profilata in vista delle elezioni regionali. Nel Lazio il Movimento 5 Stelle ha deciso di chiudere i ponti con l’alleanza di centrosinistra e, probabilmente, schiereranno un proprio candidato presidente. In Lombardia, invece, è stata raggiunta un’itesa che vedrà i 5s in coalizione con il Pd a supporto, dunque, del candidato Pierfrancesco Majorino.