Baraye“, tutto quello che c’è da sapere sulla canzone simbolo delle proteste in Iran contro l’esecuzione dei manifestanti da parte del regime.

A scrivere musica e testo di questa melodia rap è Shervin Hajipour, 25enne iraniano rilasciato negli scorsi giorni dopo essere stato arrestato. Di lui, però, non si hanno notizie da giorni, in attesa del processo ai suoi danni.

Baraye, da una cameretta in Iran agli stereo di tutto il mondo

Tra i riferimenti culturali che contraddistinguono le proteste in Iran c’è anche la musica, dopo che nei primi mesi erano state soprattutto le ciocche di capelli tagliate a rappresentare la ribellione giovanile: “Baraye” è il brano che ha fatto il giro del mondo, il suo videoclip ha conquistato migliaia di visualizzazioni in poco più di due mesi e risuona ovunque, dall’Europa agli Stati Uniti. Purtroppo per il 25enne, questa immediata popolarità si è rivelata un’arma a doppio taglio e gli è costata un’incriminazione per diffusione di false notizie.

Attraverso un ritmo estremamente rilassato, la hit racconta i motivi validi e legittimi per cui è giusto protestare contro il regime governativo e contiene una serie di rimandi politici ben espliciti, come per esempio lo slogan del Movimento di Liberazione dei Curdi. Lui stesso è stato costretto a ritrattare le sue convinzioni, presumibilmente intimidito, passaporto sequestrato dalle autorità. Uno dei contesti in cui l’eco della sua musica è risuonato maggiormente è il Qatar, sede dei Mondiali, udita proprio durante le partite della nazionale iraniana nei gironi. La censura ne ha cancellato ogni traccia in rete, almeno in patria, affidando alle corde vocali il compito di farla vivere: tante le personalità e le istituzioni che l’hanno scelta come inno ufficiale in contesti particolari.

Intanto l’Onu ha votato a favore dell’estromissione definitiva di Teheran dalla Commissione per la tutela dei diritti delle donne, mentre sul territorio c’è timore di una nuova ondata di esecuzioni.