Venuta meno la norma sull’ergastolo ostativo, magistratura e forze dell’ordine stanno cercando di correre ai ripari. L’effetto del decreto rave potrebbe avere pesanti ripercussioni per quanto riguarda l’accesso indiscriminato ai benefici del sistema penitenziario. I mafiosi, in particolare, potranno chiedere permessi di uscita e ogni altra concessione prevista dalle norme. L’allarme è emerso in una recente riunione al Viminale. C’è già la stima dei potenziali beneficiari: 5mila soggetti, la maggior parte detenuti di criminalità organizzata. Procura nazionale antimafia e forze dell’ordine stanno lavorando a un modello operativo per frenare uscite insidiose o peggio pericolose.

Ergastolo ostativo, con la nuova norma rischio 5000 mafiosi fuori dal carcere. Cosa prevedono le regole

Innanzitutto cerchiamo di fare chiarezza definendo cos’è nello specifico l’ergastolo ostativo, ossia un tipo di regime carcerario introdotto dopo gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino e che riguarda i condannati all’ergastolo per tutti quei reati previsti dall’articolo 416-bis del codice penale. Quindi: mafia, terrorismo ed eversione. Il regime carcerario è noto anche come “fine pena mai”, perché è impossibile accedere a riduzioni della pena, permessi premio o di lavoro e altri benefici penitenziari, a meno di collaborare in maniera attiva alla giustizia. Si devono cioè fornire elementi reali e concreti che portano a svolte investigative mentre si partecipa a percorsi di reinserimento sociale. Ciò non avviene in caso di ergastolo ordinario (ad esempio per sanguinosi omicidi) dove la persona che mantiene buona condotta e partecipazione a questi percorsi, anche senza collaborazione attiva con la giustizia, può accedere comunque ai benefici penitenziari. A maggio del 2021 la Consulta era intervenuta con una sentenza secondo cui l’ergastolo ostativo va contro gli articoli 3 e 27 della Costituzione, che prevedono la finalità rieducativa del carcere e l’uguaglianza della legge per tutti. Secondo la Corte l’ergastolo ostativo crea differenze tra i detenuti condannati all’ergastolo per reati diversi. Dunque l’esecutivo è stato in qualche modo costretto a intervenire sulla questione, neutralizzando una possibile pronuncia negativa della Corte Costituzionale. Il decreto Rave fa accedere i condannati per mafia e terrorismo ai benefici penitenziari, anche senza collaborare con la giustizia. Compresi, dunque, quelli appartenti a Cosa Nostra & C. non pentiti né dissociati.

La corsa ai ripari e il nuovo sistema

L’obiettivo all’esame dei ministeri dell’Interno e della Giustizia, guidati da Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, così come della Procura nazionale e le procure distrettuali, è evitare a tutti i costi scarcerazioni foriere di nuove attività illecite, soprattutto di criminalità organizzata. La decisione sulle richieste di benefici spetta ai tribunali di sorveglianza. Questi, infatti, possono disporre accertamenti sul tenore di vita del detenuto e dei soggetti collegati. Così come sul pericolo concreto, una volta in libertà anche solo di qualche giorno, di riallaccio dei legami con il circuito mafioso. La procura nazionale sta già studiando con la Guardia di Finanza una piattaforma sugli accertamenti patrimoniali. Presso il dipartimento di Pubblica sicurezza partirà a breve un gruppo di lavoro con gli alti dirigenti dei reparti operativi di Polizia di Stato, Carabinieri e Gdf, per definire un modello omogeneo d’azione. Veloce ma soprattutto efficace per attingere il maggior numero di informazioni attuali e significative su chi ha richiesto il beneficio carcerario, così da scongiurare una scarcerazione indebita ma soprattutto rischiosa. I numeri del reso parlano chiaro: 1.200 detenuti con ergastolo ostativo, 10mila in carcere con reati di alta pericolosità, circa 900 carcerati con richiesta di permesso già presentata e, in particolare, più di 600 che non l’avevano mai chiesto prima.