Maurizio Mattioli ospite di Pomeriggio con Noi, condotto da Francesco Acchiardi su Cusano Italia Tv ha parlato di progetti passati e futuri, e del futuro della Commedia all’Italiana. Mattioli ha anche ricordato degli inizi della sua carriera:

Lando Fiorini è stato il primo a dirmi “sali sul palco, ci regoliamo subito”. Il primo anno andò bene, ma il secondo “Puffando Puffando” fu una bomba: era il meglio dei 25 anni precedenti. Io feci un monologo “il Mosè” e fu una vetrina straordinaria, mi divertivo e la gente rideva. Dopo due anni andai alla Chanson, un piccolo teatro straordinario vicino al Brancaccio, lì feci uno spettacolo da solo. Poi mi chiamò il mio grande maestro, unico al mondo: Pingitore.

Maurizio Mattioli a “Pomeriggio con noi” e la romanità

L’attore e comico romano ha parlato anche di uno dei ruoli che ha amato di più: quello di Mastro Titta in Rugantino, uno dei simboli della romanità.

Io ho fatto tutta la trafila: da Lando al Bagaglino, poi andai al Sistina. Il primo anno “Un paio d’ali”, dopo due anni di quello cercai di convincere Garinei a fare Mastro Titta, che è stato il mio battesimo. Lui non voleva, diceva che se avessi fatto quel personaggio da così giovane mi sarei bruciato. Poi il suo braccio destro e suo fratello gli dissero “lei sta cercando Mastro Titta, ma ce l’ha dentro casa!”, seppi dalla sorella di Sordi che fu lui a propormi per quel ruolo. Anche perché Rosetta era la Ferilli e Mastro Titta non c’era, io tutte le sere lo vedevo e fremevo. Pure Proietti gli disse “guarda che ce l’hai”. Una sera mi chiamò e mi chiese di salire nel suo ufficio. Mi sedetti e accanto a lui c’era il fratello, mi fece aprire un libro e leggerlo: era la scena finale della prigione, quando Mastro Titta e Rugantino hanno lo sfogo, una scena molto commovente e comica allo stesso tempo. Un pezzo di teatro che non c’è più. Il fratello Enzo mi dava le battute di Rugantino. Dopo qualche sera mi chiamò e mi disse: sei pronto a fare Mastro Titta? Poi me lo hanno levato senza motivo, io ero in grado di farlo, sarei in grado anche ora. Tante delusioni che ho preso nella vita mi ricordano lui, che era la vittima di Rugantino. Ecco io nella mia vita non sono stato così, ma ho avuto delle delusioni in cui mi rivedo.

Maurizio Mattioli, dal 20 dicembre il ritorno sul piccolo schermo

Maurizio Mattioli ha poi commentato il ritorno sul piccolo schermo con “The Net-Gioco di squadra”, serie tv che uscirà su Rai Due il 20 dicembre.

ho fatto un allenatore antica maniera, vicino allo spirito di Mazzone, uno che non si piegava a questo calcio moderno. Sono rientrato in RAI, sono talmente contento e ho fatto bene il mio dovere. Il regista Volfango De Biasi mi ha messo a mio agio, la chiarezza nello spiegarmi il personaggio. Poi il calcio è stato sempre padrone dei miei film di successo, però questo è un personaggio drammatico, è uno che non si vuole piegare ai poteri che vengono dall’alto. Io non mi sono ispirato a Mazzone, ma ci ho pensato molto. È un vero uomo di calcio, anche se è stato molto criticato.

“Io nun piango, o almeno ce provo”

Sullo spettacolo dedicato a Franco Califano e “ad altri poeti di Roma” dice:

ho voluto citare Trovaioli in riferimento a “Roma nun fa la stupida stasera”, Armando Trovaioli era molto amico di Franco Califano: quello che lo andava a trovare per primo. Un grande autore e irripetibile raccontatore di Roma, con lui Gigi Magni, uno in parole e l’altro in musica.

Il futuro della commedia all’italiana

Mattioli parla anche del legame con Vanzina e della commedia all’italiana, un genere che per l’attore rischia di sparire, sul fatto che sia o meno morta dice:

è morto Carlo Vanzina, lui era di un’altra categoria. È un altro che mi manca da morire, insieme a Fiorini, Califano e Proietti. Mancano le penne per scrivere quel tipo di commedia, del quotidiano. Piccolo capolavoro “Il Pranzo della domenica”, io e Rocco Papaleo candidati al Nastro, racconta delle famiglie italiane, con tradizioni un po’ antiche, che fanno il pranzo della domenica appunto. Racconta anche il precariato attraverso il personaggio di Papaleo, che alla fine riesce a guadagnare dei soldi grazie alla sua cultura. Io facevo questo personaggio semplice che vendeva fiori, che a un certo punto diventa quello che risolve i problemi. Voglio citare solo un altro capolavoro della commedia: Immaturi.