Più di diecimila oppositori arrestati per le dimostrazioni pro democrazia, con circa tremila individui, inclusi 517 minorenni, finiti a processo, e 1.631 persone che hanno ricevuto condanne di vario tipo tra carcere, libertà vigilata e servizi sociali: questi i tragici numeri riportati da Asia News sulla repressione del governo cinese a Hong Kong. A svelare le cifre del contenimento il segretario cittadino per la Sicurezza Chris Tang.
Tra gli arrestati saliti agli onori delle cronache c’è Jimmy Lai, 75enne fondatore del tabloid più letto di Hong Kong, l’Apple Daily. La testata era stata chiusa circa un anno e mezzo fa e oggi l’editore è stato condannato a 5 anni e 9 mesi di carcere per frode: secondo le autorità, avrebbe subaffittato illegalmente degli spazi per uffici negli anni ’90. In queste settimane sarebbe dovuto iniziare un altro processo a suo carico, con l’accusa di violazione della legge sulla sicurezza nazionale. Il processo è stato poi rinviato su richiesta delle autorità cittadine. Già recluso ormai dal dicembre 2020, se condannato, Lai rischierebbe l’ergastolo.
Repressione a Hong Kong, le ragioni delle proteste iniziate a giugno 2019
La stagione di proteste degli oppositori era iniziata nel giugno 2019, con migliaia di cittadini che manifestarono per mesi contro il progetto di legge sull’estradizione, poi abortito, e più in generale per chiedere libertà e democrazia. I capi d’imputazione a carico degli indagati riguardano i reati di rivolta, assembramento illegale e possesso di armi di offesa. Negli anni, le autorità cittadine hanno di fatto limitato, sospeso o cancellato i diritti di riunione, associazione, espressione e partecipazione politica.
A seguito degli arresti di diversi giovani filo-democratici, questi ultimi sono stati costretti a rigide iniziative “rieducative”: li hanno obbligati a seguire sedute di “educazione patriottica” e sessioni di addestramento militare. Per l’esecutivo pro-Pechino, si tratta di minori con “vedute ideologiche estreme”, e quindi da rieducare.
Jimmy Lai in carcere, l’appello del figlio al Regno Unito
Sotto custodia ormai dal dicembre 2020, giovedì 8 dicembre Lai ha festeggiato il suo 75esimo compleanno in prigione. Secondo la legge sulla sicurezza nazionale, tale sorte potrebbe toccargli per il resto della sua vita. A lungo considerato l’obiettivo numero uno della legge imposta da Pechino, l’anziano editore ha scontato di recente la pena per aver preso parte, l’anno scorso, ad una veglia vietata per commemorare le vittime del massacro di piazza Tiananmen in Cina nel 1989.
Suo figlio Sebastian Lai, in una dichiarazione, ha evidenziato come sia “deludente” che il Regno Unito non abbia fatto nulla di rilevante per aiutare suo padre, che è in possesso della nazionalità britannica. Sebastian Lai ha più volte affermato che suo padre non ha fatto nulla di male e aveva già trascorso del tempo in prigione per “aver difeso i diritti umani”. Lai si trova davanti la prospettiva di una vita dietro le sbarre a causa di un processo separato per accuse di sicurezza nazionale. Oltre alla dura condanna da cinque anni e nove mesi, Lai ha ricevuto una salata multa da 2 milioni di dollari di Hong Kong, che corrispondono a più di duecentomila euro.
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