Non è un’esecuzione ma un “omicidio di Stato” quello che ha ucciso, a Mashhad, Majidreza Rahnavard, il secondo manifestante giustiziato in Iran da quando sono scoppiate le proteste anti-governative e il primo a essere impiccato pubblicamente. Il ragazzo era accusato di aver ucciso con arma da taglio due membri della forza paramilitare dei Basij. A denunciarlo è il celebre avvocato per i diritti umani, Saeid Dehghan su Twitter.
“Il procuratore, il giudice e il legale del caso Rahnavard”, ha denunciato nel suo tweet Dehghan, “erano il governo”, per questo la causa della sua morte “non è un’esecuzione, ma un omicidio di Stato”.
Oltre a essere stata la prima sentenza di un manifestante a essere eseguita pubblicamente, quello che ha allarmato e indignato del caso di Rahnavard – accusato di aver ucciso due agenti della forza paramilitare dei Basiji – è stato anche il fatto che il suo è stato un processo lampo. E’ stato giustiziato solo 23 giorni dopo l’arresto, fa notare la Bbc nella sua edizione in farsi. Secondo gli attivisti per i diritti umani, Rhanavard è stato duramente picchiato durante la detenzione poi esposto alla TV di Stato mentre confessava gli omicidi, secondo gli osservatori sotto la pressione delle autorità.
Proteste in Iran, l’allarme di Amnesty
“Impiccare un manifestante arrestato appena 23 giorni fa e condannato dopo un processo sommario è orrore puro. Il mondo deve mobilitarsi. La lista dei condannati a morte in attesa d’impiccagione è molto lunga ed è evidente che le autorità iraniane intendano procedere velocemente. La comunità internazionale deve impedirlo”. Lo ha detto all’AGI il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, commentando la seconda esecuzione di uno dei manifestanti arrestati nell’ambito delle manifestazioni anti-governative in corso da ormai tre mesi in Iran.
“Se pensano che le impiccagioni pubbliche fermeranno la protesta, le autorità iraniane sbagliano completamente. Produrranno ancora più protesta e ancora più rabbia”, ha aggiunto Noury.