Sarebbe un adolescente, uno dei due manifestanti uccisi in Perù nel corso delle proteste contro il nuovo Governo presieduto da Dina Boluarte, istituito dopo il tentato colpo di Stato da parte dell’ormai ex Presidente Pedro Castillo, seguito dalla decisione del Parlamento di destituirlo e arrestarlo.
Due manifestanti uccisi in Perù nel corso delle proteste: cosa sta succedendo
Tutto è iniziato mercoledì pomeriggio, quando attorno alle ore 12 locali (le 18 in Italia), Castillo aveva pronunciato un discorso alla Nazione, ordinando lo scioglimento del Congresso (il Parlamento peruviano), l’istituzione di un “Governo eccezionale” e il coprifuoco in tutto il Paese. L’annuncio dell’ormai ex Presidente era arrivato a poche ore dalla terza votazione su una richiesta di impeachment nei suoi confronti: le due mozioni precedenti – presentate negli scorsi mesi da alcuni parlamentari di opposizione per “incapacità morale permanente” del Presidente – erano state respinte perché non avevano ottenuto la maggioranza dei voti necessaria. Tutto si basava su alcune accuse di corruzione avanzate nei confronti di Castillo, che continuava a dirsi innocente, ritenendosi vittima di un complotto.
In teoria neanche questa volta la mozione sarebbe stata approvata, però Castillo aveva cercato di evitare comunque il voto, mettendo in atto quello che, secondo i media locali, si sarebbe trattato di un vero e proprio golpe. Ma le forze armate, dopo il suo annuncio, anziché sostenerlo, avevano fatto sapere che il Presidente non aveva l’autorità per sciogliere il Parlamento, che a quel punto si era riunito in anticipo, approvando la mozione di impeachment in una seduta rapidissima e trasferendo i poteri alla vicepresidente Dina Boluarte, che poco dopo aveva giurato come nuova Presidente, formando un gabinetto indipendente e tecnocratico. Nel frattempo, Castillo si era presentato spontaneamente alla sede della prefettura di Lima, dove era stato arrestato con l’accusa di aver cercato di sovvertire l’ordine costituzionale ed aveva presentato richiesta di asilo al Governo del Messico.
Il Presidente messicano, Manuel López Obrador, anch’esso di estrema sinistra, ha già scritto su Twitter di ritenere “deplorevole che a causa degli interessi delle élite economiche e politiche, dall’inizio della presidenza legittima di Pedro Castillo ci sia stato un clima di ostilità contro di lui” e ha fatto sapere che le autorità messicane si metteranno al lavoro per discutere la sua eventuale accettazione. Intanto, un’ondata di proteste si è diffusa in tutto il Paese, in particolare nelle città del Nord e delle Ande, chiedendo nuove elezioni e il rilascio dell’ex Presidente Castillo detenuto. Secondo quanto riportato da fonti locali, ora, nel corso degli scontri tra i manifestanti e la polizia, due persone sarebbero state uccise nella città meridionale di Andahuaylas e una sarebbe un adolescente. “Esorto le persone a mantenere la calma”, ha detto il ministro dell’Interno, Cesar Cervantes, annunciando la seconda morte poco dopo che la polizia aveva confermato la prima. Ma ci sarebbero anche diversi feriti.
Domenica pomeriggio il Congresso di destra si è riunito in una sessione d’emergenza per discutere della crisi, ma è stato sospeso dopo una vera e propria rissa: nelle immagini diffuse dai social media, si vede un uomo che prende a pugni un collega e poi vari membri del Congresso che si spintonano. I sindacati rurali e le organizzazioni che rappresentano i popoli indigeni hanno chiesto intanto uno “sciopero a tempo indeterminato” a partire da martedì a sostegno di Castillo, lui stesso figlio di una famiglia contadina. Tra le altre richieste, la sospensione del Congresso, elezioni anticipate e una nuova Costituzione, nonché l’immediato rilascio dell’ex Presidente, secondo una dichiarazione del Fronte agrario e rurale del Perù, che raggruppa una dozzina di organizzazioni. Per loro Castillo “non ha perpetrato un colpo di Stato”. Recenti sondaggi mostrano che nove peruviani su 10 disapprovano la legislatura della Nazione.