AUTOPSIA SAMAN – Gli esami sul corpo della ragazza pachistana sono durati per sette ore, ma non è stato possibile stabilire la causa della morte.

L’esame autoptico sul corpo Saman Abbas non ha rivelato tagli. A svelarlo è stato l’avvocato Barbara Iannuccelli, dell’associazione Penelope, schierata come parte civile al processo per l’omicidio della giovane. Ecco le sue parole: “Il corpo era integro, ma saponificato. Per fortuna, però, i tessuti consentono degli accertamenti“. Per quanto riguarda l’analisi esterna del corpo invece: “Sono emersi scollamenti e abrasioni che possono essere dettati dall’effetto tappo, essendo stata sotto terra per un anno e mezzo“.

Autopsia Saman, incerta la causa della morte

Finora, si era stata vagliata l’ipotesi circa un taglio rilevato alla gola, ma la legale ha smentito: “Sarebbe fuorviante definirlo tale, e tanto più ricondurlo a causa di morte di Saman. Non vi è neppure certezza che quello visto possa essere un taglio. Potrebbe essere uno scollamento di tessuto post mortem. A riguardo sono necessari esami istologici che saranno svolti nei prossimi giorni per capire se fossero lesioni irrorate di sangue e quindi risalenti a quando Saman era ancora in vita. Ad oggi nessuno è in grado di dirlo“. Inoltre ha proseguito: “Saman aveva indosso i jeans sfilacciati da lei sul ginocchio per essere alla moda e la felpa. I vestiti sembrano essere proprio quelli riconducibili al video che la riprendevano davanti a casa nelle sue ultime ore prima della scomparsa. Aveva ancora addosso una cavigliera e un braccialetto di quelli portafortuna colorati, ma anche un paio di orecchini. E una folta chioma di capelli“.

Autopsia Saman, abbandonata l’ipotesi iniziale

L’autopsia sui resti di Saman, ritrovati lo scorso 18 novembre a Novellara, nel Reggiano, è durata oltre sette ore al Labanof, l’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Milano. L’indagine però, non si chiude qui. Come ha riferito Iannuccellli, “non è possibile stabilire che ciò che abbiamo visto durante l’autopsia sia riconducibile alla morte di Saman. Serviranno altri esami“.

Intanto, la Corte il 23 novembre ha fissato in 60 giorni il termine ultimo per i risultati ai fini del procedimento penale. Il processo comincerà il 10 febbraio a Reggio Emilia. Gli imputati sono cinque: lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), il padre Shabbar Abbas (arrestato un mese fa in Pakistan, dove si aspetta l’udienza riguardo l’estradizione) e la madre Nazia Shaheen (ancora latitante in patria). Tutti i coinvolti dovranno rispondere di omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e soppressione di cadavere.

I resti del cadavere sono stati trovati a 700 metri dal casolare della famiglia Abbas, su indicazione dello zio della 18enne pachistana, Danish Hasnain. All’autopsia di Saman hanno lavorato l’anatomopatologa Cristina Cattaneo (nota per aver lavorato anche i casi di Yara Gambirasio e Stefano Cucchi), incaricata dal Tribunale di Reggio Emilia di fare la perizia insieme all’archeologo forense Dominic Salsarola. Agli esami hanno preso parte anche i consulenti nominati dalle parti, ovvero la Procura, gli imputati e le parti civile. Sulla salma, il legale dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia, Riziero Angeletti ha chiarito i primi risultati dell’esame: “La morte è avvenuta con modalità atroci. Da questo esame, sua pure parziale ma importante, ne deriva la considerazione che l’uccisione della ragazza non sia avvenuta com immaginato sino a oggi“.