Franco Franchi morte: sono passati 30 anni. Era il 9 dicembre 1992 quando, all’età di 64 anni, Francesco Benenato, conosciuto da tutti come Franco Franchi, storico braccio destro di Ciccio Ingrassia, si spegneva nella clinica Villa Mafalda di Roma, dove era ricoverato, prima che il suo corpo venisse portato a Palermo, dove oggi riposa, nel cimitero di Santa Maria dei Rotoli. “Lo ricordo chino sui libri, a studiare, anche di notte. Lui da ragazzo studiò poco ma poi si impegnò tantissimo per imparare a parlare bene, per imparare i verbi, il condizionale, il congiuntivo. Era uno che si è fatto da solo”, racconta Letizia, la sua figlia maggiore, ai microfoni di Repubblica, in occasione dell’anniversario della sua scomparsa.

Franco Franchi morte: sono passati 30 anni. Dalla umile infanzia alla carriera nel cinema

Nato a Palermo il 18 settembre 1928 in una grande famiglia proletaria, quartogenito di diciotto figli, Francesco Benenato visse un’infanzia difficile: la madre si occupava della manifattura dei tabacchi, il padre era muratore e presto Francesco dovette lasciare gli studi per aiutarlo nel suo lavoro. Quando i genitori emigrarono in cerca di fortuna, lui restò a Palermo, lavorando inizialmente come artigiano, realizzando icone sacre sui marciapiedi e poi come garzone in pasticceria e come facchino alla stazione. Sempre attratto dalla recitazione e dalla comicità, arti in cui era dotato, girava per la città esibendosi, quando fu notato da Salvatore Polara, un musicista napoletano che nel 1945 lo inserì nel suo gruppo, “Gli striscianti”.

Avviò così la sua carriera da musicista, non rinunciando agli spettacoli comici all’aperto: presto divenne un abile imitatore di personaggi come Totò, Mussolini e Adolf Hitler, anche se la svolta arrivò solo negli anni Cinquanta, quando conobbe Francesco Ingrassia, detto “Ciccio”, attore in una compagnia teatrale, iniziando con lui, con il nome di Franco Franchi, una collaborazione che avrebbe dato vita a una coppia destinata al grande successo di pubblico, con la realizzazione di più di 132 film, di cui “I due della legione”, “Il lungo, il corto, il gatto”, “I barbieri di Sicilia”, “Ma chi t’ha dato la patente?” e “Teatro 11”.

Nel 1989 l’attore ricevette dal giudice Giovanni Falcone un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta che avrebbe portato al cosiddetto maxiprocesso quater con l’accusa di associazione mafiosa, sulla base delle dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Antonino Calderone, che affermava di averlo incontrato qualche volta a Catania in occasione di feste a cui partecipavano i più importanti boss mafiosi dell’epoca. Franchi ammise di essere stato invitato in alcune occasioni per via del suo lavoro, ma il fatto che egli fosse sostanzialmente estraneo alle vicende delle famiglie mafiose lo prosciolse dalle accuse. Un’esperienza che comunque lo segnò.

Nello stesso anno prese parte alla miniserie televisiva “Io Jane, tu Tarzan” trasmessa su Rai1; poi, nel 1992, nel corso di alcune registrazioni a Napoli, fu ricoverato d’urgenza a causa di un attacco cardiaco; stanco e malato di cirrosi epatica, sarebbe rientrato solo nell’ultima puntata del programma “Avanspettacolo”, giustificandosi dicendo: “Sono stato in paradiso ma non mi hanno voluto”, per poi congedarsi definitivamente dal pubblico con queste parole: “A quanti ci hanno voluto bene”. Morì dopo essere stato ricoverato, ormai trent’anni fa. “Poco prima che morisse era seduto sulla sua sedia a dondolo, io avevo 31 anni e mi sono seduta in braccio a lui – ricorda ancora la figlia -. E lui a dire: ‘Letizia, hai 31 anni, ancora in braccio a me?’. Poi trotterellando è arrivato mio figlio che aveva un anno e mezzo, l’abbiamo preso sulle ginocchia e ci siamo abbracciati tutti e tre. Venti giorni dopo se ne è andato. Nel suo portafogli ho trovato una mia foto: c’era scritto ‘Letizia, la mia ricchezza’”.