Vischio Natale significato e curiosità. Durante questo periodo dell’anno è impossibile non domandarsi da dove vengano tante tradizioni, significati e simboli legati ad una delle festività più amate e celebrate al mondo: il Natale. E tra le tante usanze, tra riti, attese e cerimonie, c’è quella che riguarda il bacio sotto al vischio: ma perché? Ci sono usanze e leggende su questa tradizione che arrivano da molto lontano: sia nel tempo, sia nello spazio.
Qui, direttamente dalla categoria cultura, scopriamo insieme il significato di questa pianta: perché ci si bacia sotto il vischio? Da dove nasce l’usanza?
Vischio Natale significato: dagli antichi nordici
Ceste, cespugli, ghirlande decorative e poi il bacio sotto il vischio: perché? Tutto nasce da un’antica leggenda nordica, ad opera dei riti vichinghi e celti.
Queste forme di paganesimo lasciano spazio ai Druidi, sacerdoti degli antichi popoli celtici che consideravano il vischio come fonte importante e dai poteri prodigio.
Cresce su tronchi e rami degli alberi senza toccare mai terra: questo rende la pianta misteriosa, aerea, vicina alle volontà e allo spazio dei cieli. Il vischio può essere sia curativo, sia velenoso e possiede proprietà misteriose sin dai tempi più antichi.
Ad eseguirne il raccolto erano proprio i Druidi, che utilizzavano la pianta prima durante i rituali religiosi. Essa rappresentava, prima di tutto, la dea moglie di Odino Frigg, dedita all’amore e alla protezione di tutti gli innamorati. Perché?
La leggenda nordica ci racconta che i figli di Frigg: Baldr e Loki, fossero in competizione tra loro. Loki in particolare, odiava Baldr e lo invidiava per i suoi successi e per l’amore ricevuto da chiunque ad Asgard, regno degli dei norreni.
La dea Frigg decise allora di proteggere Baldr dall’invidia di Loki, invitando ogni essere vivente (animali, uomini, piante, tutti gli elementi) a compiere un importante giuramento dell’universo: nessuno avrebbe potuto mai nuocere a suo figlio Baldr.
Da allora, gli dei testarono con i loro occhi la validità del patto, lanciando a Baldr armi, rocce, veleni. Il giovane dio ne sarebbe rimasto immune.
Fu a Loki, il maligno e ingannatore, che venne l’idea per liberarsi per sempre di Baldr. Il dio delle menzogne, infatti, scoprì presto che al Vischio non era stato riferito di fare giuramento. Dunque Loki decise di creare un dardo intrecciandovi proprio la pianta.
Durante il rito degli dei, Loki porse il vischio al dio cieco dell’inverno che era stato escluso da tutto il rituale, poiché cieco. Egli non vedeva l’ora di partecipare finalmente e, ingannato, scagliò la freccia contro Baldr, che perse la vita.
Frigg, piangendo a lungo per la morte del figlio, si accorse che le lacrime si erano trasformate in bacche banche di Vischio: e così Baldr riprese a vivere.
Cosa rappresenta il vischio a Natale? Perché il bacio?
E’ la leggenda nordica quindi, a darci risposte riguardo la tradizione del bacio. Contenta di aver riavuto in vita il figlio Baldr, la dea Frigg decise infatti di ringraziare chiunque passasse sotto l’albero cui era appeso il vischio, e di farlo proprio con un bacio.
Da qui in poi, l’usanza di baciarsi sotto il vischio. Il gesto rappresenta una promessa: ovvero, che amore e vita vincono la morte e che il vischio donerà magicamente protezione eterna.
Nella tradizione cristiana i significati sono rimasti: tra tanti auguri, buoni propositi e fortuna, a Natale, conviene sempre baciarsi sotto il vischio.
Nell’antichità greco-romana: il ramo d’oro
Vischio Natale significato anche nella mitologia classica. Anche qui, la pianta si trova al centro di alcune leggende: la più celebre è, senza dubbio, quella narrata da Virgilio nel sesto libro dell’Eneide, in cui Enea deve riuscire a cogliere il vischio, per poter compiere la sua catabasi e raggiungere il padre Anchise nell’Ade.
Il vischio viene definito dalla Sibilla “Iunioni infernae sacer“, ovvero sacro all’inferna Giunone, testimoniando un legame speciale con il culto di una dea femminile. Nelle parole della Sibilla è, inoltre, spiegato che è necessario che Enea colga il vischio, prima di tentare la sua discesa nell’Ade, perché è il dono richiesto da Proserpina, regina degli Inferi.
Nell’Eneide viene indicato come ramo d’oro, per l’aspetto che assume nel momento in cui il ramo viene reciso e si crede che la scelta della pianta sia anche legata ad un’importante simbologia orfico-pitagorica.
La vicenda fornisce il titolo al celeberrimo trattato di storia delle religioni di James G. Frazer, che si occupò di indagare il suo legame con la dea Diana Nemorensis e con il lago di Nemi, in cui si trovava un santuario.