In Iran la polizia spara alle manifestanti che vengono sempre più prese di mira e trattate in maniera diversa dagli uomini. Le donne che da settimane scendono in piazza per protestare contro il regime, accusato di aver provocato la morte di Mahsa Amini, la 22enne picchiata fino alla morte perché non indossava correttamente il velo vengono colpite al volto, al seno e ai genitali. Questo con un chiaro intento sia intimidatorio e sia “punitivo” verso le ragazze che sfidano le autorità.

Lo sostiene un’inchiesta del quotidiano britannico “Guardian pubblicata proprio nel giorno in cui il regime ha mandato al patibolo il primo manifestante condannato a morte per le rivolte.

Nel lungo articolo sono raccolte tutte le denunce di numerosi medici e infermieri impegnati a curare i rivoltosi in segreto per evitarne l’arresto. Infatti, ora anche gli ospedali sono presidiati dai temuti Basij, la milizia fedele al regime, ben sapendo che dopo ogni protesta centinaia di giovani hanno bisogno di cure. Sono stati proprio i sanitari a dimostrare come nelle strade si usino fucili caricati a pallini di metallo o plastica come quelli insidiosissimi usati per sparare agli uccelli.

E con quelli si spara a distanza ravvicinata sui rivoltosi, mirando a parti del corpo che differiscono a secondo del genere. Gambe, schiena, natiche nel caso degli uomini. Mentre le donne vengono ferite nelle parti “simbolo” della loro femminilità. 

Iran polizia spara alle manifestanti: si spara per fare del male

Ferite spesso gravi, che lasciano danni permanenti, come afferma un medico della provincia di Isfahan:

“Vogliono distruggere la bellezza delle nostre ragazze. E pure la loro capacità di procreare. Mirano alle parti intime delle donne perché sono dei complessati sessuali che godono nel far male alle giovani. Ne ho curata una di vent’anni, colpita ai genitali da due pallini: piccoli e insidiosi, si erano incastrati tra l’uretra e l’apertura vaginale. Rischiava una grave infezione e ho dovuto indirizzarla a un ginecologo di fiducia. Mi ha raccontato di essere stata circondata da una decina di agenti che le hanno sparato da molto vicino. Mi ha molto turbato: poteva essere mia figlia”.

Di sicuro, si spara per fare del male, ignorando le basilari pratiche antisommossa che consistono nel colpire solo piedi e gambe per evitare di danneggiare organi vitali.

Il quotidiano britannico, ha contatto anche il ministero degli affari esteri che si è rifiutato di commentare e gli attivisti non ne sono affatto stupiti. Teheran ha finora sostenuto che le proteste sono manovrate da fantomatici “nemici stranieri”. E accusano i tanti che scendono comunque in piazza di essere “terroristi” responsabili della morte di decine di poliziotti.

Secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk, le cose però non stanno esattamente così. Sono i miliziani ad aver semmai ucciso già oltre 300 persone e tra questi almeno 40 minori.

A rischio anche i medici

Anche i chirurghi che clandestinamente si occupano di curare i feriti rischiano e infatti raccontano al “Guardian” di essere costretti a operare in luoghi inadatti e praticamente al buio per non farsi individuare: “Le donne colpite nelle zone intime hanno paura e si vergognano di andare in ospedale. Molte provano a curarsi in casa ma è molto pericoloso”, hanno dichiarato alcuni di loro.

Lo scorso 26 Ottobre, centinaia di dottori hanno protestato davanti al consiglio medico dell’Iran. La polizia non ha esitato a sparare anche su di loro: molti sono stati colpiti alla schiena e alle gambe mentre scappavano. Almeno cinque sono in gravi condizioni.

Ma non basta, infatti, sia uomini che donne vengono spesso colpiti agli occhi, secondo quello che sembra essere un ordine ben preciso. Lo affermano i 400 oftalmologi iraniani che hanno sottoscritto una lettera di protesta, dove descrivono anche le ferite che sono stati costretti a curare. Uno di loro ha passato al “Guardian” la radiografia del cranio di un giovane rimasto cieco dopo essere stato colpito da 18 pallini. Secondo la loro stima, sono già almeno mille le persone che hanno  perso la vista in questo modo.

Il giornale inglese ha mostrato quella radiografia a Iain Hutchison, chirurgo inglese fondatore della ong Saving Faces. Secondo lui “sono compatibili a ferite provocate a bruciapelo, sparate da distanza ravvicinata, di una natura che fa pensare che la persona ferita fosse stata immobilizzata e non in grado di voltare la testa”.