Storia del crimine: Vincenzo Verzeni, “il vampiro di Bergamo”. E’ ancora oggi considerato il primo serial killer italiano. Comincia a colpire già da giovanissimo, quando ha solo 18 anni. Dopo 4 anni di orrori viene catturato e assicurato alla giustizia. Nato nel 1849 a Bottanuco, nel bergamasco, Vincenzo Verzeni, alto 166 cm per 68 chili di peso, è un ragazzo apparentemente docile, silenzioso e solitario; sempre gentile. La sua infanzia è difficile perché cresce in un ambiente familiare disagiato: una famiglia poverissima. Suo padre è un alcolizzato violento che spesso picchia moglie e figlio, sua madre è una bigotta remissiva. In questo difficile contesto, Vincenzo Verzeni non può assolutamente coltivare relazioni con ragazze della sua età.

Storia del crimine: Vincenzo Verzeni, “il vampiro di Bergamo”

La rabbia, alimentata da frustrazione e risentimenti, un giorno improvvisamente esplode causando una lunga scia di sangue nella bergamasca. La prima vittima di Verzeni è Giovanna Motta di 14 anni: il suo corpo senza vita viene rinvenuto quattro giorni dopo con orrende mutilazioni. Il cadavere è completamente nudo, sventrato, privo di viscere; la ragazza ha inoltre molta terra in bocca ed è priva degli organi sessuali. Sul collo: numerosi morsi.

Verzeni colpisce ancora

La seconda vittima è Elisabetta Pagnoncelli, siamo nel 1872; anche in questo caso il cadavere è letteralmente scannato e presenta graffi e morsi ovunque. Tra questi due omicidi, Verzeni cerca di uccidere altre donne per bere il loro sangue. Da qui il soprannome di “vampiro di Bergamo”. E poi i precedenti: nel 1867 afferra alla gola la cugina Marianna mentre dorme ma la giovane grida e Verzeni è costretto a fuggire. Nel 1869, la scena si ripete con Barbara Bravi: viene avvicinata da un individuo che l’aggredisce e poi fugge per le grida della donna. A seguire tocca a Margherita Esposito e Angela Previtali. Quest’ultima viene colpita e trascinata in una strada isolata ma alla fine Verzeni decide di liberarla. Il 10 aprile del 1871 è la volta di Maria Galli. Infine, il 26 agosto 1871 Maria Previtali viene spinta, gettata a terra e presa alla gola. Si salva come le altre e come le altre indica in Verzeni il suo aggressore. Vincenzo Verzeni viene arrestato ma scampa alla condanna a morte per fucilazione.

Vincenzo Verzeni condannato ai lavori forzati

Il “vampiro di Bergamo” si salva dalla condanna a morte grazie al voto favorevole di un giurato e viene quindi condannato ai lavori forzati. Durante il processo Verzeni dichiara: “Io ho veramente ucciso quelle donne e ho tentato di strangolare altre perché provavo in quel modo un immenso piacere. Le graffiature che si trovarono sulle cosce non erano prodotte con le unghie ma con i denti perché io, dopo averla strozzata, la morsi e ne succhiai il sangue che era colato, con la quale godei moltissimo”.

Verzeni crolla e si impicca

Vincenzo Verzeni non regge a lungo ai lavori forzati e, così, il 13 aprile 1874, viene trasferito in un manicomio giudiziario dove subisce cure terribili: totale isolamento nell’oscurità, docce gelate fatte cadere sul capo da un’altezza di 3 metri, alternate a bagni di acqua bollente o scariche elettriche di varia entità. Tutto questo lo fa chiudere in un mutismo impenetrabile, fino al 23 luglio 1874 quando decide di impiccarsi nella sua cella.

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