Antonio D’Amico morte: lo stilista e designer 63enne, ex compagno di Gianni Versace, sarebbe scomparso nella notte a Manerba del Garda, in provincia di Brescia, dove viveva, dopo aver combattuto a lungo contro una malattia, che alla fine gli è stata fatale. A darne la notizia, questa mattina, il suo amico e manager Rody Mirri.

Antonio D’Amico morte a causa di una malattia: lo stilista aveva 63 anni

Aveva 63 anni, Antonio D’Amico, il designer e stilista scomparso questa notte in provincia di Brescia dopo una lunga malattia e noto per essere stato lo storico compagno di Gianni Versace, dal 1982 fino alla sua tragica scomparsa nel 1997, quando fu ucciso con due colpi di pistola davanti alla sua casa di Miami Beach dal killer Andrew Cunanan. I due si erano conosciuti molto tempo prima, nel corso di un balletto, e tra loro era stato amore a prima vista; più tardi, D’Amico aveva iniziato a contribuire alle creazioni della linea sportiva della Versace. Fu lui, per primo, a sentire i colpi sparati da Cunanan contro il genio della moda e a tentare di soccorrerlo, invano. Un episodio che cambiò per sempre la sua vita, travolgendolo. Era il 15 luglio del 1997.

“La vita mi crollò addosso, per otto anni sono rimato basito, stordito, sconvolto – aveva raccontato nel corso di una delle sue rare interviste, lo scorso dicembre -. Il nostro era un rapporto troppo forte. Poi, poco alla volta, mi sono ripreso, anche grazie al lavoro. Proprio quest’anno ho realizzato una collezione per Principe di Ragada, sia uomo sia donna. Ho un compagno, da molti anni ormai, Alberto, che non c’entra nulla con la moda, ha un’agenzia di viaggi e non ama mostrarsi. Con lui ho ricominciato a vivere, ma ancora oggi, dopo più di ventiquattro anni dall’uccisione di Gianni, se mi fermo a pensare mi viene di nuovo un groppo in gola, che non si scioglie, per ore. Non si possono cancellare quindici anni di vita in comune interrotti così”.

Una vita spezzata, la sua, dopo la morte di Gianni Versace: “Una metà di me è morta con lui”, aveva detto. Il testamento del compagno lasciò a D’Amico un vitalizio di 50 milioni di lire al mese e il diritto di vivere nelle case che erano state di proprietà di Versace, sia in Italia che negli Stati Uniti: benefici che lo stilista decise di non accettare, preferendo ricevere la sua liquidazione in un’unica soluzione e adoperarla per lanciare la sua carriera con una casa di moda che portava il suo nome. La maison, con sede e showroom a Milano, nonostante gli ottimi riscontri iniziali, cessò la sua attività dopo solo tre anni a causa di difficoltà gestionali-manageriali e D’Amico decise di proseguire nella sua mansione sotto altre forme.

Di carattere riservato, e in pessimi rapporti con i fratelli di Versace, D’Amico negli anni successivi alla morte del suo compagno, ha rilasciato pochissime dichiarazioni. Una delle ultime risale alla sua apparizione in tv ospite di Serena Bertone, dove aveva raccontato la sua storia, parlando di un “prima” e un “dopo” l’uccisione di Versace. “Sono ferite che non si rimarginano completamente – aveva detto -. Quella scena in cui io l’ho ritrovato nella mia testa non si è mai cancellata. La rivedo ancora oggi”. Un’esperienza tragica, che segnò ulteriormente la sua esistenza, già messa a dura prova dalla morte della sorella Maria, scomparsa davanti ai suoi occhi quando aveva appena sedici anni, a causa di una malattia cardiaca congenita. Si aprì così per lui il baratro della depressione; poi, un nuovo amore, la luce alla fine del tunnel, anche se quelle sofferenze non aveva mai potuto dimenticarle. “Lui sarebbe contento di vedermi così sereno”, aveva raccontato. Ora, forse, Antonio potrà riabbracciare i suoi cari.