Nelle ultime ore è stato effettuato un maxi sequestro nei confronti di un imprenditore di Bologna con l’accusa di aver riciclato soldi provenienti da attività criminali legate alla Camorra.
Il provvedimento è stato disposto dalla Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Napoli su proposta della locale Procura della Repubblica ed è in corso di attuazione fin dalle prime ore di oggi, Lunedì 5 Dicembre 2022, in un’operazione congiunta dei militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Napoli e Bologna.
I beni patrimoniali oggetto del sequestro preventivo ammontano ad un valore superiore a 290 milioni di euro.
Il provvedimento di confisca deriva dalle indagini effettuate nei confronti di un 65 enne imprenditore originario di Melito in provincia di Napoli, Antonio Passarelli, considerato legato alla criminalità organizzata campana.
Secondo gli inquirenti l’uomo avrebbe infatti operato negli interessi camorristi per molti anni, riciclando denaro e agendo con intestazioni di beni a prestanome fittizi. Per quest’ultimo reato, l’imprenditore era già stato condannato in via definitiva e attualmente è agli arresti domiciliari.
Le ulteriori indagini condotte dagli agenti della Guardia di Finanza bolognese e campana hanno accertato come l’uomo accusato collaborasse economicamente con esponenti di alto rango di diversi clan camorristici. Tra questi, sembra che l’imprenditore avesse una comunione di intenti con il clan “Puca”, il clan “Di Lauro”, il clan degli “Scissionisti”, il clan “Mallardo”, il clan “Verde” e il clan “Perfetto” e di fatto ne gestisse parte del patrimonio economico.
La sinergia è stata confermata anche grazie alle concordi dichiarazioni di cinque collaboratori di giustizia che hanno evidenziato come l’imprenditore avesse una funzione fondamentale in vari settori commerciali e soprattutto nel campo degli investimenti immobiliari.
Le ricerche hanno inoltre fatto emergere una metodicità per sottrarsi dal versamento delle imposte tributarie tramite intestazioni fittizie. L’enorme somma sottratta all’Erario veniva riutilizzata in attività commerciali o compravendite edilizie.
Bologna maxi sequestro: sigilli alle proprietà in sei province
Le indagini sono arrivate ad un passaggio chiave quando sono state accertate alcune attività illecite, riconducibili alla metodologia già applicata dall’uomo, in altre regioni oltre alla Campania. Infatti, gli inquirenti hanno ipotizzato che i clan camorristici avessero ampliato il raggio d’azione di tali attività, con l’intento appunto di sfruttare zone ad elevato tasso remunerativo pari a zone turistiche o ai territori più ricchi del Nord Italia.
In particolar modo ha destato molta attenzione l’investimento immobiliare avvenuto nel comune di Russi, in provincia di Ravenna, di un ampio spazio racchiuso da unità abitative, alla stregua di una vera e propria cittadella privata.
Allo stesso modo è apparso sospetta l’edificazione di alcune villette realizzate a Porto Pollo di Palau, località di mare molto gettonata dal nord della Sardegna.
Complessivamente il patrimonio sequestrato comprende oltre 600 immobili, tutte riconducili ad operazioni di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite e “pulito” appunto attraverso il settore immobiliare.
Gli accertamenti della Guardia di Finanza hanno anche evidenziato che sia l’imprenditore che i componenti del suo nucleo familiare nell’arco 1993 – 2021 hanno sempre dichiarato redditi irrilevanti e comunque incompatibili con il vero tenore di vita dell’uomo. Nello stesso periodo è stata scoperta la mancata comunicazione di ingenti fonti patrimoniali, di partecipazioni societarie e una cospicua disponibilità finanziaria.
Da questi riscontri sono state sottoposte a sequestro 12 società, 16 autoveicoli, 37 rapporti finanziari e 639 immobili e terreni, ubicati nelle province di Napoli, Benevento, Caserta, Bologna, Ravenna, Latina e Sassari.
Già nel 2017 Antonio Passarelli era finito sotto inchiesta nell’ambito dell’operazione Omphalos con l’accusa poi confermata di esercizio abusivo del credito e intestazione fittizia di quote societarie e di beni, con l’aggravante del metodo mafioso. Questa indagine aveva di fatti smascherato come l’attività di riciclo di enormi somme di denaro fosse possibile grazie anche alla collaborazione di funzionari di banca e commercialisti.