Brucia 400mila euro al gioco ma conserva ancora tutti i gratta e vinci. È l’incredibile storia di un cittadino della provincia di Brescia raccontata dal regista Pietro Arrigoni che da ormai quattro anni sta portando nei mercati della bassa bresciana e del cremonese il suo flash mob per sensibilizzare la popolazione sulla ludopatia. Nello specifico sono 362mila euro di tagliandi impilati in una libreria. Altri, per 90 milioni di vecchie lire, sono conservati in un enorme baule in legno con borchie e lucchetto. Un tesoro di disperazione, una macabra collezione che testimonia una dipendenza che uccide come una droga pesante.
400mila euro bruciati nel gioco e gratta e vinci ancora in casa
Brucia 400mila euro al gioco nell’arco di una vita. Il settantenne della provincia di Brescia, secondo quanto riportato dal regista Pietro Arrigoni – che da quattro anni sta portando nei mercati della bassa bresciana e cremonese il suo flash mob per sensibilizzare la popolazione sulla piaga della ludopatia – sparge a terra, tra i banchi dei salumi e della frutta, decine di gratta e vinci usati mentre gli attori della cooperativa BeNow narrano storie di persone e famiglie distrutte da un vizio che diventa malattia, si mangia affetti e rende la vita un inferno.
Sensibilizzare contro la ludopatia
I flash mob di Arrigoni si accompagnano al lavoro degli operatori delle cooperative gli Acrobati, Bessimo e Mago di Oz che distribuiscono volantini con indicazioni e numeri di telefono utili a uscire dall’incubo della ludopatia. Un incubo terribile e costoso: sono stati 2,2, infatti, i miliardi di euro spesi in gioco d’azzardo nella ricca terra bresciana lo scorso anno. 111 i miliardi quelli spesi in Italia: 2.229 euro per ogni maggiorenne. Una cifra, tanto per fare un raffronto, che da sola vale mezzo Pnrr. Negli ultimi 5 anni censiti, infatti, le dimensioni del gioco hanno seguito un trend crescente con un più +25,3 per cento per quanto riguarda la raccolta, più +14,4 per cento per la spesa e un bel +29,5per cento di incassi per il pubblico erario. Ma i gratta e vinci sono solo una fetta dell’azzardo di Stato che interessa con maggiore insistenza le persone più anziane e di mezza età. Un azzardo che si palesa in più modalità: dal Superenalotto con jackpot faraonici (l’ultimo è i 318 milioni), alle slot machine dei bar e delle sale da gioco sorte come funghi nelle grigie periferie fino alle app pervasive apparse sugli smartphone di molti giovani e non solo che dal lockdown in poi dedicano più tempo al poker online che ad amici e famigliari. Così come per l’alcolismo o il consumo di sostanze stupefacenti, solo una piccolissima percentuale dei malati (e dopo in media 10 anni) decide di rivolgersi a delle strutture per curare il gioco d’azzardo patologico, sintetizzato dagli specialisti nell’acronimo GAP. Tre lettere che in inglese hanno più significanti: «divario», «vuoto», «lacuna».
Le possibili cause
Non è semplice stabilire con assoluta certezza cosa ed spinge nel baratro della ludopatia. È davvero un vuoto profondo quello in cui sprofondano le persone che inseguono la loro malattia. Alcuni studiosi affermano che i ludopatici sono inconsciamente dipendenti dagli ormoni rilasciati durante l’azzardo (dall’arabo az-zahr, dado): serotonina e endorfine che scatenano la coazione a ripetere dando l’effimera sensazione di benessere alla quale, poi, subentra stanchezza, depressione, irascibilità o apatia e un profondo senso di colpa innescate da un altro ormone: il cortisolo. Probabilmente è lo stesso senso di colpa che ha portato il signore nel bresciano che, stando a quanto riportato dal regista, quando ha visto il flash mob nella piazza di un paese dell’hinterland, ha deciso di far conoscere la sua storia per aiutare chi, come lui, si è visto precipitare nel baratro del gioco senza riuscire a venirne fuori.