Accadde oggi, 1 dicembre 1913, Henry Ford usa la tecnologia della catena di montaggio per rivoluzionare la produzione dell’automobile, e non solo. Il risultato è la nascita della macchina “di serie”, prodotta in numerosi esemplari e accessibile ad un pubblico sempre più vasto. Il tutto adottando una tecnologia già esistente ma con una filosofia tutta nuova, tanto da assumere il nome di “fordismo”.

Accadde oggi: come nasce la catena di montaggio pensata da Ford

La Ford Motor Company nasce nel 1903 a Detroit, Michigan. Già in quel periodo, una casa concorrente come Oldsmobile (poi confluita in General Motors fino alla sua soppressione nel 2004) adotta la tecnologia del nastro trasportatore per la produzione della sua prima auto di serie, la Curved Dash. Il principio è usare tale macchinario per portare i vari componenti della macchina verso gli operai, in modo da accelerare i tempi della produzione. Tuttavia, Ford introduce un ulteriore elemento al sistema, che consente il vero salto di qualità. La base di partenza è la teoria del metodo di lavoro dell’ingegnere Frederick Taylor, altrimenti nota come “taylorismo”.

Dal taylorismo al fordismo

Osservando i giocatori di una partita di baseball, Taylor intuisce che l’efficienza del lavoratore deriva dai movimenti che compie in fabbrica. Tali movimenti vanno scomposti in modo da arrivare alle basi più semplici. Tali basi vengono poi spartite tra più persone, in modo tale che ognuno di esse le esegua automaticamente (meccanizzazione), nel modo più veloce possibile. Il risultato è che la produzione dei veicoli è molto più efficiente, costruendo più esemplari e abbassando i prezzi: è l’inizio della motorizzazione di massa. Oltre a questo, Ford aggiunge un altro paradigma del taylorismo, ossia quello dei salari. Il principio è semplice: un operaio deve guadagnare abbastanza per poter acquistare l’auto che assembla. I dipendenti Ford vedono così aumentato, e di molto, il proprio stipendio. Non si tratta di filantropia, ma semplice lungimiranza: che senso ha produrre un bene che nessuno può comprare?

Accadde oggi: il successo della catena di montaggio di Ford

Il metodo di lavoro di Ford e l’uso sapiente del nastro trasportatore garantiscono un successo strepitoso per l’azienda di Detroit. Il sistema permette di ridurre i tempi di assemblaggio di una vettura da 20 ore a un’ora e mezza, abbassando i prezzi di acquisto e migliorando la qualità e l’efficienza. La Model T, il primo prodotto di serie dell’azienda, raggiunge la tiratura record di oltre 15 milioni di esemplari. Il fordismo viene esportato in altri campi industriali, diventando una vera e propria filosofia. Principi come la divisione spaziale del lavoro, e la separazione tra operai generici (che hanno il compito di assemblare i prodotti in serie) e operai qualificati (che invece si occupano della progettazione del prodotto e dell’organizzazione della sua costruzione) sono applicati in settori diversi da quello automobilistico. In politica il governo statunitense di Franklin Delano Roosevelt adotta la carta dell’aumento dei salari, sperando che aiuti a superare la Grande Depressione.

Le critiche al sistema

Il fordismo trova proseliti anche all’estero, anche nell’Unione Sovietica nata sui principi del marxismo. Quello stesso marxismo che è spesso critico su questa metodologia. L’ideologia del cosiddetto “socialismo scientifico” aveva introdotto il concetto di alienazione, fenomeno in cui l’operaio si estrania da se stesso, proiettando la sua identità verso la merce che produce (e in seguito compra) La magia di Ford e del microcosmo attorno alla catena di montaggio si spezza negli anni 70, quando l’esplosione di disegnatori, pensatori e consumatori faranno terminare l’era del conformismo. Dalla Model T “disponibile in tutti i colori purché sia nera” si passa alla personalizzazione dei prodotti. Quest’ultimo fenomeno lascia a sua volta spazio alla personalizzazione dei servizi, perno dell’economia dell’epoca attuale.