Aumentano i costi per colf e badanti dal prossimo anno. Un’altra conseguenza dell’inflazione che a Novembre si conferma quasi al 12 per cento a fronte di adeguamenti contrattuali e delle pensioni che nella maggior parte dei casi non arrivano neanche al 5 per cento. Una vera stangata per le famiglie italiane che potrebbero trovarsi a pagare molto di più i collaboratori domestici, quindi colf, badanti e anche baby sitter, e con non poche difficoltà.
Aumento costi colf e badanti: quando e quanto si spende
L’aumento dei costi per colf e badanti scatterà in automatico dal prossimo primo gennaio e dovrebbe aggirarsi intorno al 9%, ossia tra i 2000 e i 2500 annui lordi in più per una badante convivente che lavora le 54 ore settimanali previste dal contratto. L’inflazione del resto pesa anche sulle colf che non hanno stipendi particolarmente alti.
Le proteste della Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico
Proteste arrivano da Fidaldo, la Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico che si è fatta portavoce delle preoccupazioni delle famiglie in merito alla crescita insostenibile della retribuzione per i collaboratori domestici. la proposta avanzata dalla federazione è quella di un aumento graduale, partendo da un 25 per cento a trimestre. Si arriverebbe a coprire così l’adeguamento all’inflazione nell’ultimo trimestre del 2023. Una proposta che però, al momento, non è stata accolta dai sindacati dei lavoratori domestici che annunciano battaglia.
La replica dei sindacati dei lavoratori domestici
Stando alle dichiarazioni di Filcam Cgil, sindacato dei lavoratori domestici, si tratterebbero di incrementi salariali in linea con la rivalutazione Istat prevista dall’attuale contratto collettivo nazionale. Il tutto a difesa di una categoria di lavoratori già particolarmente svantaggiata e ulteriormente gravata dal peso degli ultimi rincari sul costo della vita.
I lavoratori domestici in Italia
L’Osservatorio DOMINA, il centro studi e raccolta dati nato per monitorare e studiare i trend relativi all’assistenza domiciliare sia a livello nazionale che locale, ha pubblicato il Terzo Rapporto Annuale sul lavoro domestico presentato lo scorso aprile a Roma. Mediante la raccolta e l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati, il rapporto offre uno sguardo sullo status attuale del lavoro domestico nel nostro Paese. Nel complesso sono oltre 2 milioni le persone che lavorano come colf, badanti o assistenti familiari. Secondo i dati INPS rielaborati da DOMINA, nel 2020 i lavoratori domestici regolari sono stati oltre 920 mila, con un aumento del 7,5 per cento rispetto all’anno precedente. Tra questi, vi è una netta prevalenza di donne (87,6 per cento) e una forte presenza straniera, pari al 68,8 per cento del totale, proveniente per lo più dall’Est Europa.
Il problema del lavoro in nero
Il settore del lavoro domestico rimane in assoluto il comparto con la maggior presenza di lavoro nero. I dati aggiornati evidenziano infatti un tasso di irregolarità pari al 57 per cento, ben al di sopra rispetto alla media dei principali settori produttivi. Nel 2021 i datori di lavoro che hanno regolarmente sottoscritto e registrato il contratto sono oltre 992mila, con un aumento del 8,5% rispetto all’anno precedente. Tenendo conto del lavoro irregolare, si stimano 2,3 milioni di datori di lavoro domestico totali, di cui il 57 per cento è composto da donne. In questo scenario, la maggior concentrazione di datori di lavoro si trova in Lombardia e Lazio (34 per cento); od ogni modo nell’ultimo anno si è registrato un aumento complessivo di datori di lavoro domestico in tutto il Paese, con una spesa per la gestione dei lavoratori domestici ammonta a 14,9 miliardi di euro. Le famiglie, che in tal caso rappresentano i datori di lavoro, sono di fatto i principali “attori di welfare”, contribuendo considerevolmente alla spesa generale per l’assistenza e la cura.