Il tema di attualità della guerra in Ucraina rimane la disponibilità energetica ridotta del Paese, alle prese con continui blackout che riguardano soprattutto la parte occidentale della nazione. A Kiev si continua a lavorare per ripristinare l’elettricità, in generale il presidente Volodymyr Zelensky cerca di farsi sentire per mostrare unità e compattezza, lanciando un messaggio di speranza.
Nel suo consueto videomessaggio serale il leader ucraino sottolinea come “gli ucraini hanno già attraversato eventi terribili e, nonostante tutto, hanno conservato la capacità di non piegarsi alle difficoltà conservando il loro amore per la libertà”.
Poi l’affondo diretto alla Russia, accusata di “voler distruggere l’Ucraina con la fame, con l’oscurità e con il freddo”. Ma il fuoco del Paese “non sarà spento”.
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Il presidente Zelensky invita tuttavia i suoi connazionali a essere più responsabili e prudenti nella gestione dei consumi energetici, ammettendo che “un aumento improvviso costringerà le autorità a interrompere le forniture nelle ore serali“. Poi un aggiornamento quantitativo, dopo che ieri aveva parlato di 6 milioni di ucraini ancora senza corrente elettrica. La situazione sembra essere sensibilmente migliorata, poiché il dato sarebbe sceso a 1,5 milioni in tutto il Paese.
Tiene inoltre con il fiato sospeso l’indiscrezione riportata dal New York Times, che evidenzia un’altra possibile falla nel sostegno all’Ucraina: due Paesi su tre della Nato sarebbero in seria difficoltà nella consegna di armi verso Kiev, essendo a volte costretti a inviare artiglieria difettosa o danneggiata. La fonte anonima che ha fornito la notizia, è però convinta che i restanti membri “possano sopperire a questa carenza”, citando tra gli altri Italia, Francia, Germania e Olanda. Ecco dunque che il meccanismo di solidarietà si sta dirigendo verso il supporto energetico e umanitario.
Dal punto di vista puramente militare non si assistono a sostanziali novità, con la Russia che si sta affidando esclusivamente ad attacchi missilistici nei suoi bombardamenti. L’Isw, organo americano di riferimento sul versante bellico, sostiene nel suo ultimo rapporto che le operazioni sul campo potrebbero tornare a intensificarsi nel breve periodo. Lo stallo attuale sarebbe infatti dovuti a un peggioramento delle condizioni meteorologiche, con i soldati costretti a spostarsi tra neve e fango. Aree interessate rimangono quelle del Donbass, in particolare i villaggi di Svatove, Bakhmut e Vugledar.
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Tuttavia, la notizia principale in senso assoluto arriva dalla Bielorussia, dove il ministro degli Esteri Vladimir Makei è morto nella notte all’età di 64 anni. Lo confermano direttamente fonti ministeriali e la sua scomparsa rimbalza immediatamente anche in Russia e Ucraina. Makei avrebbe dovuto incontrare Sergei Lavrov, suo omologo russo, nella giornata di lunedì.
In carica dal 2012, Makei è sempre stato un fedelissimo di Aleksandr Lukashenko specialmente nei momenti più complicati, a cominciare dalla durissima repressione alle proteste di piazza del 2020. La leader dell’opposizione, Svetlana Tsikhanouskaya, lo definì un “traditore della patria” per aver appoggiato la tirannia e sostenuto la rielezione di Lukashenko alla presidenza.
Da Mosca il messaggio arriva a firma Maria Zakharova, numero due degli Esteri, che dichiara “profondo shock” per quanto accaduto. Il consigliere degli Interni ucraina, Anton Gerashchenko, getta invece una luce diversa sul personaggio definendolo “uno dei pochi lontani dall’influenza russa”, adducendo una possibile morte da avvelenamento come causa del decesso.