Non accennano a diminuire i bombardamenti in corso nella guerra in Ucraina e Zelensky accusa Putin di voler distruggere gli ucraini con oscurità e gelo. Inoltre, nella giornata odierna si commemorano le vittime del genocidio dell’Holodomor, risalente al 1932-1933, con Stalin al potere in Russia. L’evento è stato ricordato dal presidente Zelensky: “Una volta volevano distruggerci con la fame, ora con l’oscurità ed il freddo”. Il parallelo con i giorni nostri non è difficile da condurre: la capitale Kiev conta ancora oltre 130mila persone al buio e le temperature in Ucraina iniziano a farsi sempre più rigide; se nel 1932-33 a mancare era principalmente il cibo, ora è il turno di luce e riscaldamento.
Guerra in Ucraina: le dichiarazioni di Zelensky su Putin riprese anche dalla premier Meloni
Sul tema è intervenuta anche la premier Meloni, che ha ribadito il supporto verso l’Ucraina ed ha attaccato gli attacchi russi verso obiettivi civili:
Il pensiero va ai milioni di ucraini, in gran parte anziani e bambini, privati in pieno inverno di elettricità, acqua e riscaldamento dai bombardamenti russi che si accaniscono volutamente sulle infrastrutture civili.
Su Twitter è inoltre presente la dichiarazione del ministro degli Esteri ucraino, Dmitro Kuleba, in relazione all’Holodomor:
Novanta anni fa, Stalin usò la fame come arma per far morire milioni di ucraini. Accendete una candela stasera per commemorare le vittime del genocidio dell’Holodomor del 1932-1933 e delle carestie artificiali di massa del 1921-1922 e del 1946-1947. Siamo sopravvissuti allora e non ci arrenderemo o ci abbatteremo oggi.
Nel frattempo, non giungono buone notizie dal territorio russo. Il sito indipendente iStories snocciola alcuni numeri circa il numero di soldati morti attesi dal Cremlino entro i primi mesi del prossimo anno, citando fonti dei servizi russi: circa 100mila. Un numero ancora più grande è quello dei coscritti che, sempre secondo iStories, il ministero della Difesa russo è pronto a stanziare in Ucraina: circa 120mila. Sarebbe questa la ragione per cui il decreto di mobilitazione attualmente in vigore in Russia non sia ancora stato revocato.