In Cina non accennano a diminuire le restrizioni imposte dal governo contro il Covid-19, volte a perseguire la politica dei casi zero, mai realmente raggiunta e in parallelo aumentano le proteste, sempre più vaste, al grido di “Basta con il lockdown”. L’ultima di queste si è verificata ad Urumqi, capitale dello Xinjiang: la città è in lockdown duro dal 10 agosto scorso e sono scesi in strada per la prima volta centinaia di cittadini in protesta contro le eccessive restrizioni.
In particolare, il motivo scatenante di questa rabbia è stato il colpevole ritardo dell’arrivo dei soccorsi nell’estinguere un incendio divampato in un edificio della zona, difficilmente raggiungibile proprio a causa delle barriere anti-Covid che circondavano il palazzo, aspetto che ha reso difficile l’evacuazione dello stabile. Sono state in tutto dieci le vittime ed i vigili del fuoco hanno impiegato circa tre ore per spegnere del tutto le fiamme.
Cina, “Basta con i lockdown”: proteste in aumento in tutto il paese
Le proteste non riguardano solo Urumqi ma si stanno rapidamente allargando a tutte le aree della Cina. La strategia dei casi zero sembra non funzionare, al netto dei contagi che continuano ad aumentare (le ultime cifre ufficiali stimano 34.909 casi). Pechino ha registrato negli ultimi giorni tre morti per Covid, la prima volta da maggio scorso, ed ora torna l’ombra del lockdown anche sulla metropoli da quasi 20 milioni di abitanti.
Il dissenso trova purtroppo forme di espressione più drastiche all’interno dei centri per la quarantena: edifici adibiti appositamente alla quarantena degli individui che hanno contratto il virus, in condizioni igienico-sanitarie da rivedere. È proprio in uno di questi centri, localizzato a Canton, che una giovane di 32 anni si è impiccata nei bagni dopo una detenzione durata due giorni. La giovane, sposata e madre di due figli, si era dimostrata sconvolta stando alla ricostruzione ottenuta dalle dichiarazioni della sua vicina di letto e dai filmati della sorveglianza, visionati dalla Polizia.