A breve è atteso il Decreto attuativo che renderà effettiva la cosiddetta “tregua fiscale“, vale a dire la rottamazione delle cartelle esattoriali: vediamo come funziona, a quale soglia si applica e quali sono le scadenze da rispettare.
Importante tenere presente che il testo deve ancora essere completato e rivisto, per cui potrebbero esserci delle modifiche dell’ultimo minuto. In attesa dell’approvazione di Camera e Senato, l’ultima parola spetta a Bruxelles, il cui parere dovrebbe arrivare nei primi giorni di dicembre. Come molto spesso accade, il provvedimento è stato giustificato in virtù delle maggiori probabilità di successo e di minor costo rispetto a oneri pendenti e insoluti (si stimano 1.132 miliardi di debiti non riscossi, di cui il 6% recuperabili verosimilmente).
Tregua fiscale, come funziona nelle cartelle esattoriali
A fornire un primo riassunto dei termini salienti del provvedimento è il testo stesso: la scadenza è il prossimo 31 gennaio 2023, la soglia delle cartelle esattoriali è pari a 1.000 euro interessi inclusi, il periodo di riferimento dei debiti pregressi va dal 2000 al 2015 inclusi. Per quanto concerne la soglia, tuttavia, nel testo non si specifica se lo stralcio si applica alla somma complessiva delle imposte oppure sulla singola aliquota: per esempio, una cartella potrebbe essere complessiva di singoli importi inferiori a 1.000 euro che combinati contribuiscono al contempo al superamento della sbarra: in questo caso si procederà allo stralcio senza alcuna sanzione.
Tutti i contribuenti che superano la soglia del 1.000 euro dovranno versare l’intera quota oltre a una sanzione del 3% (serve con possibilità di pagare a rate). Al contempo, le cartelle esattoriali consegnate dall’agente della riscossione dal 2016 in avanti andranno pagate interamente, ma senza sanzioni e interessi, oltre che con possibilità di rateizzazione quinquennale.
Cartelle esattoriali, le sanzioni previste
Come spiegato recentemente dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, la tregua fiscale è mirata a “regolarizzare gli omessi versamenti tramite sanzioni minori per l’allungamento del periodo di pagamento“. L’obiettivo è quello di istituire un rapporto di fiducia tra la cittadinanza e il Fisco in un momento storico difficile. Contesto in cui, ricorda il braccio destro di Giorgetti, il Governo studia la riforma del fisco “come incentivo alla ripresa economica e contrasto alla crisi imprenditoriale.
Per chi si è macchiato del reato di evasione fiscale ci sono invece due strade: quella del “ravvedimento operoso” (percorribile se non c’è stata contestazione), in cui si paga una sanzione del 5% oltre alla somma dovuta, oppure la rateizzazione sempre con sanzione del 5% (se la contestazione è già avvenuta, a meno che non si apra un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate – in tal caso si può versare subito il 90% dell’importo). Ecco l’intervento completo del viceministro Leo:
Se il Fisco ancora non ha contestato l’evasione, diamo la possibilità di un “ravvedimento operoso” più graduale: si paga tutto il dovuto ma con più tempo, in due anni e con una sanzione del 5%. Se invece l’evasione è già stata contestata, il contribuente può pagare a rate, in cinque anni, e con una sanzione del 5%, oppure, se pensa che il fisco sia in errore, può ricorrere all’accertamento con adesione, apre cioè una trattativa col Fisco per ridurre l’importo dovuto.