Marco Cappato ha accompagnato in Svizzera un 82enne per mettere fine alla sua vita con l’Eutanasia.

L’uomo di origini toscane, residente a Peschiera Borromeo, nel Milanese, è morto in una clinica svizzera con suicidio assistito.

A dare seguito alla “richiesta di aiuto” dell’anziano affetto da Parkinsonismo atipico dal 2020 è stato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e protagonista di numerose battaglie sul tema della dignità del fine vita.

In merito alla vicenda, Cappato ha spiegato:

 “Sono di nuovo in Svizzera per fare valere quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale”.

L’uomo 82enne, Romano, oltre ad essere costretto a letto dalla malattia, soffriva da anni di “forti dolori muscolari, in una condizione irreversibile che gli impediva di leggere, scrivere e fare qualsiasi cosa in autonomia“.

Una condizione di sofferenza che lo ha portato a voler porre fine alle sue sofferenze, ma per farlo, ha dovuto affrontare il viaggio fino in Svizzera, Paese in cui questa pratica è legale.

In proposito, la figlia dell’anziano, Francesca, tramite un video ha spiegato:

Mio papà ha appena confermato la scelta di morire. Io sono arrivata dalla California per essere qui con lui in questi giorni. In California, la scelta che ha fatto mio papà è legale e, nel caso di una malattia come la sua, avrebbe potuto scegliere di morire in casa, circondato dai suoi cari e dalla sua famiglia. Noi abbiamo dovuto fare questo viaggio per venire in Svizzera perché lui potesse fare questa scelta e io spero che in Italia, presto, sia possibile per le persone poter fare questa scelta a casa propria e morire a casa propria, circondate dalle persone care“.

Confermando questa decisione, la moglie dell’uomo ha dichiarato che “la scelta del fine vita è un diritto fondamentale dell’essere umano”.

Eutanasia, cosa prevede la legge italiana e cosa rischia Marco Cappato

Marco Cappato, dopo essere rientrato in Italia, si autodenuncerà ancora una volta a Milano, rischiando 12 anni di carcere.

L’ex parlamentare, ha espresso tutta la sua indignazione per l’inerzia di un Paese civile come l’Italia, che “continua a tollerare l’esilio della morte in clandestinità”.

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni inoltre, ha continuato, spiegando:

Sono passati 4 anni da quando la Corte Costituzionale la prima volta ha chiesto al Parlamento d’intervenire in ‘uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale’ consentendogli ogni ‘opportuna riflessione e iniziativa’. La Corte intervenendo successivamente nel 2019, dinanzi all’inerzia del Parlamento, ha emesso una decisione che depenalizza l’aiuto al suicidio solo per malati in determinate condizioni verificare dal SSN, nel contempo ha reiterato la richiesta di una legge completa che rispetti le scelte di fine vita delle persone malate. Ad agosto avevo ripreso l’azione di disobbedienza civile, accettando la richiesta di Elena Altamira di essere accompagnata in Svizzera, per superare la discriminazione contro i malati che, come Elena e Romano, non sono dipendenti da trattamenti sanitari. Ho deciso ora di accettare anche la richiesta di aiuto di Romano e a evitare a lui un accanimento insensato e violento“.