Pensioni di vecchiaia novità ultima ora. Dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 si potrà accedere alla pensione con 41 anni di contributi unitamente a 62 anni di età anagrafica. La misura si rivolgerà a tutti i lavoratori dipendenti (anche del pubblico impiego) e autonomi. Si tratterà di una «quota 103» destinata a superare l’attuale «quota 102».

Pensioni di vecchiaia novità ultima ora

La Quota 103 consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica, mentre per chi decide di restare al lavoro è stato rifinanziato il bonus Maroni che prevede una decontribuzione del 10%.

Con Quota 103 potrebbero uscire nel 2023 i nati entro il 1961 che abbiano cominciato a lavorare entro il 1982. 

Secondo i numeri più aggiornati, dovrebbero essere coinvolti in questa riforma circa 48mila lavoratori. Per mandarli in pensione, la spesa sarà di circa 750 milioni di euro.

Il meccanismo di Quota 103, del resto, è semplice: per andare in pensione occorreranno 62 anni di età e 41 di contributi. Si tratta di due requisiti che offrono maggiori opportunità di lasciare il lavoro in anticipo. Rispetto a Quota 102, per cui occorrevano 64 anni di età, si può anticipare la pensione di due anni anagrafici, anche se aumenta la quota contributiva rispetto, per esempio, a Quota 100 (erano 38 gli anni contributivi necessari per l’accesso). 

Manovra governo rivalutazione pensioni

«Rivaluteremo tutte le pensioni, ma con percentuali di perequazione diverse». Così il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha presentato la misura contenuta nella Legge di Bilancio che rimodula le percentuali di perequazione pensioni per il 2023.

La rivalutazione da applicarsi alle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2023 era stata fissata nei giorni scorsi dal consueto decreto del Ministero dell’Economia, con indice provvisorio stabilito nella misura del 7,3% (per adeguamento all’inflazione registrata dall’ISTAT).

A questo indice bisogna applicare gli scaglioni di perequazione (previsti per legge), inversamente proporzionali rispetto alle somme percepite.

  • * 100% dell’inflazione, ovvero in misura piena, per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • * 90% dell’inflazione per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo;
  • * 75% dell’inflazione per le pensioni oltre 5 volte il trattamento minimo.

Con la nuova manovra vengono introdotti due nuovi scaglioni: per le pensioni minime perequazione al 120%; per quelle superiori a dieci volte il minimo perequazione del 35%:

  • le pensioni fino a 524 euro lordi al mese (le minime) si rivalutano dell’8,76%;
  • le pensioni fino a 2.100 euro circa (tra 2 e 4 volte il minimo) si rivalutano del 7,3%
  • le pensioni oltre 5.250 euro circa si rivalutano del 2,5%.

Aumento pensioni minime

Aumenta l’importo delle pensioni minime. L’assegno minimo nel 2022 è di 524,35 euro per 13 mensilità. A partire dal prossimo anno sarebbe salito di 38 euro e avrebbe raggiunto quota 562 a causa del recupero dell’inflazione. Il governo aggiunge una quota in più avvicinando le pensioni minime al tetto dei 600 euro con una indicizzazione pari al 120% rispetto all’inflazione.

In questo modo gli assegni lieviteranno di circa 45 euro al mese rispetto ai 523,38 dell’attuale livello minimo (senza contare gli effetti dell’anticipo del 2% della rivalutazione erogato a partire dal mese di novembre di quest’anno fino alla fine del 2022, tredicesima compresa).