La Corte Suprema del Regno Unito dice no alla richiesta della Scozia di indire un secondo referendum per l’indipendenza.

Il governo scozzese semi-autonomo guidato da Nicola Sturgeon, leader degli indipendentisti dell’Snp (Scottish National Party), voleva tenere un referendum il prossimo Ottobre e porre alla popolazione questa domanda: “La Scozia dovrebbe essere un Paese indipendente?”.

Come previsto da numerosi giuristi, i supremi giudici hanno però respinto all’unanimità l’istanza in base alla quale s’invocava il riconoscimento del diritto a promuovere una consultazione bis (dopo quella del 2014 che aveva raccolto oltre il 55% dei no) a seguito della Brexit, sancita per tutto il Regno nel 2016 da una maggioranza di inglesi e gallesi, ma solo da un 38% di scozzesi.

Un verdetto “chiaro e definitivo” quello dei giudici per il premier britannico Rishi Sunak, ma Sturgeon non si arrende: ha infatti dichiarato di voler fare delle prossime elezioni nazionali nel Regno Unito, previste entro due anni, un plebiscito de-facto sulla fine dell’unione della Scozia con l’Inghilterra.

Ha inoltre annunciato che il Partito nazionale scozzese, di cui è la leader, terrà un congresso speciale l’anno prossimo per definire i dettagli di questo piano. La premier ha inoltre escluso la possibilità di indire un referendum non autorizzato, affermando che “il percorso che intraprenderemo per raggiungere l’indipendenza dovrà essere legittimo e democratico “.

Indipendenza Scozia: il piano di Sturgeon

Edimburgo, prima della decisione della Corte, resa nota oggi, era però arrivata a mettere già in calendario una data ravvicinata, il 19 Ottobre 2023, per quella rivincita della consultazione perduta dagli indipendentisti non più di 8 anni fa che speravano potesse portare all’ammainabandiera dell’Union Jack nel territorio al di là del vallo di Adriano.

Sturgeon, promotrice del referendum, si era già mostrata decisa ad affrontare il veto ribadito dal governo centrale britannico con un processo in due tappe: prima un ricorso alla Corte Suprema di Londra per cercare di ottenere un (improbabile) verdetto di legittimità sul progetto di legge scozzese in modo da provare a forzare la mano a Downing Street e a Westminster; poi, in caso di diniego, spostare la partita sul terreno elettorale, presentandosi al prossimo voto politico britannico con il referendum come unico punto del programma da sottoporre agli scozzesi. Punto che ha ribadito anche oggi.

Questa mossa porrà ancora più pressione sul governo britannico e su Westminster. Come ha detto a Repubblica” qualche giorno fa Angus Robertson, membro del Parlamento scozzese:

“Alla fine gli inglesi cederanno, come è sempre accaduto nel corso della nostra storia. Di certo, Sturgeon e il suo partito vogliono soltanto un referendum ufficiale e approvato da Londra, non uno “consultivo” o ufficioso come avvenuto in Catalogna negli ultimi anni, perché quest’ultimo provocherebbe soltanto caos come visto in Spagna e toglierebbe legittimità alla causa indipendentista scozzese”. 

“Delusa ma rispetto la sentenza”

Nicola Sturgeon si è detta “delusa” dal verdetto. Ha tuttavia aggiunto di “rispettare il responso dei giudici, i quali, ha sottolineato, non fanno le leggi”, ma si sono limitati ad “interpretare” quella esistente, lo Scotland Act.

“La democrazia scozzese non sarà negata. La sentenza odierna blocca una via affinché la voce della Scozia sull’indipendenza venga ascoltata, ma in una democrazia la nostra voce non può e non sarà messa a tacere”.

Per i ricorrenti il verdetto odierno conferma in ogni modo che le istituzioni del Regno rappresentano “una gabbia” e un ostacolo al riconoscimento dell’asserita “volontà democratica” degli scozzesi.

Tanto più che il governo centrale Tory di Londra insiste a escludere in questo momento storico la benché minima prospettiva di via libera a una rivincita referendaria in Scozia: sostenendo che non sia questo il momento per tornare a discuterne ad appena 8 anni da un verdetto, quello del 2014, che entrambe le parti s’erano impegnate all’epoca ad accettare come responso valido per “una generazione”.

La Sturgeon peraltro aveva fatto sapere fin da prima della pronuncia giudiziaria di oggi di voler evitare anche in caso di sconfitta legale forzature costituzionali di sorta. Per puntare semmai a proseguire la battaglia per un nuovo referendum sul terreno politico, facendo di tale obiettivo il tema dominante della campagna elettorale dell’Snp in vista del prossimo voto politico britannico.

Molte manifestazioni di indipendentisti sono comunque già in corso a Edimburgo e in altre città scozzesi. 

I sondaggi

Gli ultimi sondaggi comunque hanno sempre dato gli indipendentisti in minoranza. Anche le rilevazioni di voto sull’opportunità di avere un altro referendum nei prossimi mesi hanno sempre visto questa prospettiva poco gradita alla maggioranza degli scozzesi intervistati per l’incertezza e l’instabilità che potrebbe provocare: qualora venisse raggiunta l’indipendenza, Sturgeon vorrebbe tornare a tutti i costi in Ue e nel mercato unico europeo, dovendo dunque in teoria accettare l’euro e un confine tra Inghilterra e Scozia, tra le altre cose. 

Inoltre, una parte di elettori che vota Snp in Scozia perché si fida degli indipendentisti a livello di governo locale, non è favorevole all’indipendenza dal Regno Unito e da quell’unione nata nel 1707. Ma Sturgeon è convinta che alla fine vincerà la battaglia di una vita, iniziata dal suo ex mentore Alex Salmond, perché secondo lei il sostegno all’indipendenza sarà così dirompente che non potrà essere fermato.