Si è svolto questa mattina presso il carcere Regina Coeli di Roma l’interrogatorio di convalida del fermo di Giandavide De Pau, il 51enne che per le autorità si è macchiato di un omicidio plurimo aggravato nel quartiere Prati nella serata di giovedì 17 novembre.

Secondo quanto riferito alla stampa presente all’uscita dell’istituto penitenziario, l’avvocato Alessandro De Federicis ha confermato che il cliente si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Omicidio Prati, il 51enne si è avvalso della facoltà di non rispondere

Per il silenzio di De Pau, l’uomo colpevole del triplice omicidio nei confronti di due donne asiatiche e di una 65enne originaria della Colombia, è il suo avvocato a spiegare gli ultimi aggiornamenti in un rapido punto stampa.

Per il legale, l’atto istruttorio odierno non costituiva un momento in cui aggiungere altro “poiché aveva già raccontato la sua versione durante le 7 ore di interrogatorio in Questura“. Di conseguenza il 51enne “non era nelle condizioni di dire nulla”: De Federicis ha poi spiegato che l’accusa non prevede al momento l’aggravante della premeditazione o della reiterazione (c’è infatti un altro capo di accusa analogo risalente al 2006). Manca inoltre l’arma del delitto, non ancora rintracciata e recuperata dalle forze dell’ordine.

La versione dell’uomo, espressa domenica durante l’interrogatorio-fiume, rimane dunque fissa a uno stato di amnesia, di non ricordo dei fatti accaduti nei pressi dell’appartamento di via Riboty, raccontando agli inquirenti di aver vagabondato per la città senza mangiare, bere e dormire per circa 48 ore. In corso di accertamento anche l’ipotesi di tentata fuga dell’uomo: le telecamere lo hanno ripreso mentre abbandonava il luogo del delitto a bordo della sua utilitaria, poi ritrovata danneggiata in un capannone distante dall’area. Nel mirino la telefonata a un’amica, a cui avrebbe promesso soldi in cambio di un passaporto falso.

Infine, la valutazione psichiatrica del soggetto al momento dei fatti: il legale ha ufficializzato in via formale la richiesta di affidare il suo assistito a una struttura “adeguata alle sue condizioni”, ovvero quelle di “una persona con disturbo della personalità borderline”. In precedenza, nessuna perizia da parte di esperti forensi aveva riscontrato un simile grado di pericolosità, senza dunque avere motivo per allertare le autorità.