Sono 45 gli indagati tra appartenenti alla polizia penitenziaria, medici, funzionari e direttori pro-tempore del carcere di Ivrea nell’ambito di una nuova inchiesta, coordinata dalla procura, in merito ai pestaggi e alle torture subite dai detenuti della casa circondariale.
La nuova indagine della Procura di Ivrea riguarda numerosi fatti riferiti agli anni successivi a quelli della precedente indagine del 2015 e per la quale erano state indagate 25 persone per pestaggi in carcere e, in alcuni casi, avvenuti anche nel corso dell’ultima estate.
Nella notte di oggi, Martedì 22 novembre 2022, sono state eseguite 36 perquisizioni da parte del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Torino e del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Torino.
Le indagini finora svolte hanno consentito di raccogliere precisi e gravi elementi probatori oggettivi che hanno fornito un riscontro alle denunce prodotte alla Procura di Ivrea nel corso degli anni, permettendo di individuare la “cella liscia” nonché la “cella acquario”, ovvero celle dentro le quali i detenuti venivano picchiati e rinchiusi in isolamento senza poter avere contatti con nessuno, nemmeno con i loro difensori. I reati risultavano tuttora in corso, situazione che ha reso inevitabile l’intervento degli inquirenti.
“Le indagini proseguono, per meglio chiarire le responsabilità di ognuno in relazione ai fatti già noti ed altresì per verificare l’eventuale sussistenza di ulteriori episodi in danno dei detenuti. Il procedimento penale è attualmente nella fase delle indagini preliminari e ovviamente gli indagati sono da considerare non colpevoli fino a sentenza di condanna divenuta irrevocabile”, spiega il procuratore capo di Ivrea, la dottoressa Gabriella Viglione.
Carcere di Ivrea torture ai detenuti: ancora un’aggressione
A distanza di poche ore dalla notizia dell’indagine in corso da parte della procura di Ivrea, ecco arrivare la denuncia di una nuova aggressione, questa volta ai danni di un agente carcerario.
La denuncia è di Raffaele Tuttolomondo, segretario regionale Si.N.A.P.Pe. che spiega come l’agente sia dovuto ricorrere alle cure ospedaliere per dolori alle costole, alla mandibola ed al braccio.
L’aggressione sarebbe avvenuta da parte di un detenuto straniero, che avrebbe picchiato con calci, pugni e sputi, staccando anche il fregio, oltre a distruggere alcuni beni del carcere. Secondo il sindacato, il motivo dell’aggressione sarebbe legato alla volontà dell’agente di far “rispettare le regole”.
“Siamo stanchi della situazione disastrosa che si vive nelle carceri italiane: una nave che giorno dopo giorno affonda sempre più. A tal proposito è stato informato il Sottosegretario alla Giustizia, l’onorevole Andrea Delmastro, con l’auspicio che anche il nuovo Governo attenzioni quanto prima sulla condizione in cui i nostri colleghi sono costretti a lavorare. Il Si.N.A.P.Pe. esprime piena solidarietà e vicinanza al giovane collega coinvolto”, si legge in una nota diramata dal sindacato.
Grimaldi (Verdi Sinistra): “Se c’è stata tortura è una ferita per la collettività”
L’onorevole Marco Grimaldi, vice-capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra, torna sul caso delle aggressioni in carcere a Ivrea:
“Già anni fa, dopo la prima inchiesta avviata nel 2015, avevamo visitato il Carcere di Ivrea e denunciato una situazione esplosiva, che aveva provocato un susseguirsi ininterrotto di aggressioni, rivolte, tentati suicidi, richieste di trasferimento. Una situazione in cui i carcerati lamentavano non solo sovraffollamento, assenza di alternative alla reclusione tout court, ma veri e propri abusi. Oggi scopriamo una nuova inchiesta con 45 funzionari indagati per tortura, falso in atto pubblico e altri reati. Ci aspettiamo che la verità venga al più presto alla luce, se ci sono state gravi violazioni dei diritti umani occorre intervenire subito”.
“Leggere di una “cella liscia” e di una “cella acquario” riservate alle botte e a all’isolamento mi fa rabbrividire. Aspettiamo gli esiti dell’inchiesta, ma non smetteremo mai di dire che il nostro grado di civiltà si misura su come trattiamo le persone private della loro libertà. Se i reati ipotizzati fossero confermati sarebbe una ferita per tutta la collettività”, conclude.