Nelle ultime ore, un’operazione delle forze dell’ordine ha portato alla confisca di beni patrimoniali per un valore di 40 milioni di euro riconducibili a tre imprenditori di Reggio Calabria legati alla ‘Ndrangheta.
La disposizione, come misura preventiva, è stata ordinata dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. L’operazione è stata eseguita dai militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Reggio Calabria, unitamente a personale dello S.C.I.C.O., ed è sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal dottor Giovanni Bombardieri.
I tre soggetti proprietari dei beni confiscati sono imprenditori della città di Reggio Calabria che operano nei settori edile, immobiliare, alberghiero, dei servizi e ludico. Nello specifico, si tratta di Michele Surace di anni 65, Andrea Francesco Giordano di anni 71 e Giuseppe Surace di anni 42. I primi due soggetti erano già stati coinvolti nel processo “Monopoli” e condannati per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.
L’operazione di confisca segue un simile provvedimento disposto dello scorso mese di Agosto nei confronti di un altro imprenditore edile reggino, Carmelo Ficara, coinvolto per medesime motivazioni nella stessa inchiesta. Tale provvedimento aveva permesso l’ablazione, e quindi il totale godimento del bene da parte del suo proprietario, di un patrimonio finanziario ed immobile superiore a 160 milioni di euro.
‘Ndrangheta Reggio Calabria: le indagini
Già nel 2018 le indagini coordinate dai pm Stefano Musolino e Walter Ignazitto avevano mostrato come due delle tre persone coinvolte avrebbero rafforzato la loro posizione imprenditoriale sul territorio dalla fine degli anni Ottanta fino al 2017 con il favoreggiamento di organizzazioni locali di ‘Ndrangheta, in particolare quella dei Tegano di Archi.
A riprova di ciò le testimonianze raccolte all’interno dell’operazione “Monopoli”, eseguita dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, avevano svelato come gli imprenditori fossero riusciti ad ottenere in modo illecito notevoli profitti per poi essere riciclati attraverso diverse attività commerciali.
Ciò aveva portato nel 2018 all’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti, tra altri indagati, proprio dei tre imprenditori di cui sopra, due dei quali erano stati condannati in primo grado per i reati di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Per il terzo il reato di trasferimento fraudolento di valori senza aggravante di associazione mafiosa aveva portato alla condanna in primo grado di reclusione per 2 anni e 2 mesi.
La locale Direzione Distrettuale Antimafia ha quindi delegato il Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo PEF della Guardia di Finanza, lo S.C.I.C.O. ed il Nucleo Investigativo dei Carabinieri ad eseguire accertamenti a carattere economico-patrimoniale nei confronti dei citati imprenditori.
Già nel mese di Giugno del 2019 la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria aveva richiesto il sequestro del patrimonio riconducibile ai citati imprenditori. La sentenza di primo grado era arrivata nel Dicembre del 2021 che, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, aveva ordinato l’esecuzione della confisca preventiva dei beni, attuata in queste ore.
I beni confiscati
Nello specifico, il patrimonio nella disponibilità dei tre imprenditori comprende i beni di 10 aziende attive nel settore edile, immobiliare, del commercio al dettaglio di generi di monopolio e ludico, nonché quote di partecipazione capitali di ulteriori 10 società. Ai possedimenti aziendali si aggiungono anche beni mobili ed immobili: la confisca ha riguardato infatti 49 strutture residenziali, 38 tra terreni e fabbricati industriali e ingenti disponibilità finanziarie. Complessivamente il valore di tutto il patrimonio confiscato è stimato in oltre 40 milioni di euro.
Il Tribunale di Reggio Calabria attraverso lo stesso provvedimento ha inoltre sottoposto due dei tre imprenditori agli arresti domiciliari sotto la sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza per la durata di tre anni, con divieto assoluto di abbandonare il comune di residenza.
L’operazione appena messo in atto è il risultato di un’efficiente collaborazione tra Forze di Polizia sotto il coordinamento della Procura Distrettuale reggina. Ciò dimostra intatti l’enorme dispiegamento di forze investigative per smantellare questo tipo di attività illecite, allo scopo di contrastare l’inquinamento del mercato imprenditoriale e risanare i livelli di trasparenza e sicurezza pubblica.