La politica costa. Lo sanno tutti, è sempre stato così. E lo sappiamo ancora. Ecco perché, con la comodità di chi può parlare con il senno del poi, le pretese anticasta che andavano di moda fino a qualche anno fa appaiono oggi insensate. Lo sanno bene quelli del Movimento 5 Stelle che da movimento anti parlamentare sono entrati in Parlamento con la pretesa di “aprirlo come una scatoletta di tonno” per poi, però, mettersi comodi ed appiattirsi allo status quo. D’altronde quanto siano comode quelle poltrone non è possibile saperlo finché non ci si accomoda per la prima volta.
Ma nonostante l’euroscetticismo divenuto europeismo, gli amici divenuti amici (il Pd), e di tanti cambiamenti di posizionamento e risposizionamento politico, qualcosa di quelle lotte è rimasto. D’altronde gli elettori che ti votano, poi, pretendono qualcosa in cambio. Ed eccolo il regalo grillino al popolo italiano: il taglio dei parlamentari. Per ridurre i costi della politica. Ma è un paradosso.
Costi parlamentari: alla Camera non è cambiato nulla
Veniamo quindi all’oggi. Quello Meloni non è solamente il primo governo guidato da una donna, ma anche il primo governo nella storia d’Italia con un numero di parlamentari diverso rispetto ai precedenti. La XIX legislatura, infatti, ha visto entrare in vigore il taglio dei parlamentari in ottemperanza al referendum costituzionale del 2020. Riforma voluta proprio dal Movimento 5 Stelle e poi sottoscritta da altri partiti tra cui Lega e Pd che, con il Conte I il primo ed il Conte II il secondo, hanno accettato la riforma nei rispettivi accordi di governo. E quindi la conformazione parlamentare e cambiata: da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 per al Senato, per un totale di 600 parlamentari. Nonostante questo, però, i costi della Camera dei Deputati sarebbero gli stessi. A scriverlo, con riferimento all’ultimo Bilancio deliberato dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio, è Il Corriere della Sera. Bilancio, attenzione, firmato anche dall’ex Presidente della Camera dei Deputati. Il pentastellato Roberto Fico.
Cosa è successo
La Camera continuerà a percepire 943 milioni di euro anche nel 2023 e nel 2024. Se le spese di indennità parlamentare, proprio in virtù del taglio, scendono da 145 milioni a 93 milioni, a lievitare sono i contributi ai gruppi: da 49 a 77 mila euro per deputato. Una modifica che ha tutto l’aspetto di un escamotage volto a tenere alti i costi. Perché la politica, sorpresa, costa. Ora lo sanno tutti, anche nel M5s.